In viaggio nell’Italia del Virus si scoprono qualità e difetti, si fanno delle considerazioni, si nota soprattutto che l’Arte, la Sanità e la Scuola fanno la differenza
Rinchiusi come animali da circo
Questo viaggio nell’Italia del Virus avrei preferito non scriverlo. Tocca molto, pensarci così.
Per quanto possiamo riscoprire -di noi stessi- standocene a casa, la verità è che sentiamo il peso delle sbarre. E anche quella parte di italiani che -invece- esce per necessità lavorative è costretta in altri tipi di gabbie.
Mi viene facile pensare agli animali -mi vengono in mente quelli del circo ma anche quelli che vivono negli zoo- loro restano, tutta la loro vita, in uno stato come il nostro, oggi, e poche associazioni se ne curano. Io lo trovo atroce.
Forse possiamo prendere coscienza di una serie di piccole cose ma non credo ci cambieranno molto. Ad esempio, non credo che le mamme che portano allo zoo i figli, un domani, smetteranno di farlo. Nonostante abbiano vissuto una condizione, quasi simile, a quella di un leone o di una scimmia. Quasi, perché non dimentichiamoci mai che le gabbie sono gabbie, le case invece hanno stanze, qualcuna il giardino, qualcuna il terrazzo, qualcuna internet, qualcuna la televisione, qualcuna la play-station, la cucina, la doccia.
Guardiamoci allo specchio
Il virus, se lo guardiamo bene, è ciò che siamo stati noi fino alla fine del 2019. Abbiamo invaso ogni angolo della terra, sottomettendo gli animali, la Natura, globalizzando anche l’oggetto più inutile pur di sentirci degli avatar indistruttibili. Ma, ricordiamoci sempre, in futuro, che non siamo stati in grado di avere delle semplici mascherine per proteggerci.
Siamo abituati, da troppo tempo, a prendere questo nostro pianeta e a pensarlo a nostro uso e consumo, non ci siamo mai chiesti se le nostre azioni, prima o poi, ci sarebbero tornate indietro, a effetto boomerang. E invece ci siamo, è quel momento lì.
Il mondo si è fermato
Ma ne siamo certi? In fondo siamo solo noi ad esserci fermati.
Il mondo, anzi, sta respirando. C’è una riduzione del 10% delle emissioni di diossido di azoto (l’NO2, prodotto da macchine e industrie) che -per quanto alcune indagini non lo ritengano un dato di grande impatto- sta però restituendo l’aria più pulita di sempre.
Ma i fatti più importanti ci arrivano proprio dagli animali che si stanno stabilendo nelle città.
I fenicotteri e i cigni, a Milano, non sono una casualità. Come non lo sono una coppia di germani reali che si è fatta il bagno nella fontana dell’Acqua Paola a Roma, o le anatre e i daini che scorrazzano per Parigi. I delfini che sguisciano davanti ai porti e le tartarughe marine che tornano a nidificare lungo le coste dell’India Orientale.
Il rumore che produciamo non c’è più. L’arroganza con cui ci siamo stabiliti nei luoghi di tutto il mondo non c’è più. Le città sono come la Natura al momento, silenziose. La Cina ha addirittura fermato l’importazione della fauna selvatica. Evviva.
Da virus a virus
Il viaggio nell’Italia del Virus sembra frutto della fantasia ma non lo è. E arriviamo al punto cruciale.
Ciò che ha determinato il nostro fallimento deriva dalle nostre azioni. Si è instaurato un disequilibrio tra uomini e microbi che sta invertendo le parti, lasciando -a questi ultimi- il modo di diffondersi. Ecco perché, riconsiderare il cambiamento climatico come il fattore di rischio primario, è il passo necessario che, le grandi della terra, dovrebbero fare.
Fino all’anno scorso pensavamo di poterci muovere liberamente, adesso i nostri gesti sono ridotti al minimo indispensabile e se, passato questo dramma continueremo a reiterare, non ci vorrà molto tempo perché una nuova intrusione virale ci soppianti.
Nel caso del Covid-19 c’è stato un salto di specie, da un portatore animale a un essere umano e, la diffusione -dato il nostro modo di vivere- ha trovato terreno fertile.
Ma le minacce sono molteplici. Se prendiamo l’Altopiano Tibetano, ad esempio, scopriamo che 33 altri, non-ben-noti, virus sono rimasti cristallizzati nei ghiacciai.
Ciò significa che torniamo sempre e comunque al cambiamento climatico: qualora il surriscaldamento globale, continuasse il suo corso con questo passo, quei ghiacciai si scioglieranno rilasciando anche i virus di cui non si ha nessuna informazione o datazione storica.
Di pari passo viaggia l’ottimismo
L’Italia si sta difendendo sul piano morale. Come sempre gli artisti, gli insegnanti e i valori umani sono i punti di riferimento da cui attingere per non rimanere dietro le sbarre.
C’è una mobilitazione di intenti che commuove, la musica è un filo conduttore vitale, per le strade, sul web, in televisione; lo stesso le parole di un libro, di una canzone, di una poesia acquisiscono un significato profondo che rinfresca il nostro animo, non lo lascia appassire. L’arte, per assurdo, ha una visibilità aumentata, è in diretta sul web con gallerie fotografiche, show virtuali, conferenze; i musei, i monumenti, i quadri, sono stati compressi e dirottati in streaming perché le persone possano essere distratte dai pensieri negativi.
L’Italia si sta difendendo anche sul piano sanitario. Non starò qui a discutere se bene o male. Ma il nostro valore aggiunto, oggi, sono i medici, gli infermieri, gli inservienti, che in un ambito -così tanto a rischio di contaminazione- lavorano a testa bassa e col cuore che gli batte forte. Riescono a salvare vite nonostante non esista un vaccino.
A loro questo nostro paese dovrebbe riconoscere il giusto, senza più tagli alla sanità e con un adeguamento delle unità necessarie nei reparti. Inoltre dovrebbe sostenere quei ragazzi valorosi che si sono, come dire, “arruolati” per l’emergenza.
Dopo il virus cosa faremo?
Dobbiamo rivedere le nostre esigenze reali, riprogrammare le linee guida del governo, dobbiamo essere capaci di volerci bene.
Ogni nostro gesto ricade nei nostri piatti, lo respiriamo. Anche i falò sono un danno ecologico, eppure, nonostante le ordinanze, e nonostante ci siano delle discariche preposte al ritiro, si continuano a bruciare le potature, per non parlare dei delinquenti che bruciano perfino le plastiche.
E, mai come oggi, i nostri gesti li tocchiamo. Le nostre mani sono diventate il conduttore principale del virus.
C’è necessità di chiarirci bene: chi siamo e dove vogliamo andare. Se un virus è stato in grado di fermare la macchina umana, e ogni singolo si è fermato di conseguenza, ciò significa che ci si può rieducare a vivere diversamente.
Si possono acquistare i beni necessari, riciclare in modo sostenibile, regalare ciò che non si usa più, ridurre gli scarti alimentari al minimo, e dare -così- modo alle filiere di produrre ciò che è utile, indirizzare -con le nostre scelte- a uno sfruttamento delle risorse contenuto.
Siamo parte di un ciclo di vita
In questo viaggio nell’Italia del Virus, forse, ci siamo resi conto che consumiamo più di quello che possiamo permetterci.
L’acqua, ad esempio. Vogliamo parlare dell’acqua? Non c’entra con il virus? Certo che c’entra. A parte i famosi ghiacciai, l’acqua non ci basterà, in futuro, se continueremo a sprecarla. È il bene primario, va trattato come se fosse oro. E pensiamo a chi non ce l’ha. E non solo per umanità, lo squilibrio lo si paga sempre, anche se non ce ne rendiamo conto.
Basti pensare a tutte le specie di insetti e di animali che abbiamo lasciato che scomparissero. Queste estinzioni hanno avviato delle separazioni. Ma noi, lo sappiamo o no, che facciamo parte di una catena e che se il ciclo si spezzetta, l’intero processo -prima o poi- si ferma?
Si studia alle elementari. Ma lo si può dedurre, banalmente, guardando un orologio o un mulino o un qualsiasi altro meccanismo dotato di ingranaggi. Non facciamo la parte degli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia.
Il viaggio nell’Italia del Virus ha scoperchiato i nostri difetti
È necessario guardare alla nostra esistenza con più attenzione, fare delle scelte giuste per tutti. Ed ecco un tasto dolente. Sì, perché non voglio dimenticare di aggiungere che se c’è un difetto che non ci permette di essere ingranaggi perfetti, quello è l’egoismo.
Non possiamo pensare di agire singolarmente. Oggi si fa presto a criticare chi se ne va a spasso in un momento critico come questo, giusto? Dobbiamo incazzarci sempre così, anche per atteggiamenti che non ci toccano personalmente ma vanno a ledere il bene di tutti. Il fatto che non ci tocchi non significa che non ci debba interessare.
L’individualismo è la vera gabbia del secolo.
Finora non mi sono espressa sui social, ho evitato, mi sembra ci sia già tanta confusione, fake-news, rimbalzi di opinioni, ma ho bisogno di scrivere questo pensiero perché sento la necessità di riabbracciarvi e per farlo mi sembra che l’unico modo sia tornare a vivere diventando più responsabili.
Affidiamoci all’Arte
Se pure Gandhi affermava che è indegno perdere la propria individualità per diventare una mera rotella dell’ingranaggio, io credo -invece- si possa essere degli individui, ma anche delle rotelle. E mi piace molto un passaggio di Khalil Gibran che definisce al meglio il concetto di società:
Amatevi, ma non tramutate l’amore in un legame. Lasciate piuttosto che sia un mare in movimento tra le sponde opposte delle vostre anime.
Colmate a vicenda le vostre coppe, ma non bevete da una stessa coppa. Scambiatevi il pane, ma non mangiate da un solo pane.
Cantate e danzate insieme e insieme siate felici, ma fate in modo che ognuno di voi sia anche solo, come sono sole le corde di un liuto, sebbene vibrino alla stessa musica.
Mettetevi fianco a fianco, ma non troppo vicini. Perché la quercia non si rialza all’ombra del cipresso”
La poesia rapportata alla quotidianità fa ridere molti, lo so, me ne sono fatta una ragione, ma quando dobbiamo scrivere un pensiero ci affidiamo alle citazioni. Facebook è pieno di citazioni.
Ma non servono solo per fare colpo sul momento per poi sparire come le notizie del tg. Leggiamole bene e applichiamole alla vita di tutti i giorni. Magari non succede nulla ma, magari, dai piccoli cambiamenti si possono fare delle piccole rivoluzioni.
PUOI LEGGERE UNA POESIA SCRITTA DURANTE IL LOCK-DOWN:
VI SUGGERISCO ALCUNI ARTICOLI E ALCUNE POESIE CHE PARLANO DELLA NATURA E DELLA VITA
Formello. Dagli etruschi ai rifiuti di plastica
Il cerchio si chiude dal libro Piccoli Pensieri Polverosi
Regalo a colori dal libro Farfalle
Scenografia Milanese dal libro Piccoli Pensieri Polverosi
Rinascere albero dal libro Piccoli Pensieri Polverosi
Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.