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Un aperitivo etrusco al MAP di Campagnano

All'interno del "Francigena Lazio Festival", l’atmosfera “archeologica” del Museo del Pellegrino è l’ambiente ideale per allestire un banchetto etrusco tipico

di Emanuela Gizzi
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L’archeologia al servizio di cibo e vino

L’Aperitivo etrusco al MAP è stato un momento culturale “altro”, cioè una di quelle favole che ci rendono indietro la storia, le tradizioni e che, anche se prese in prestito da un paese evoluto come la Grecia, le sentiamo appartenerci a tutti gli effetti.

Il nostro “oste”, l’archeologo-narratore, Michele Damiani, nonché specialista delle attività culturali del Comune di Campagnano di Roma, ci ha offerto un banchetto del tutto imaginìfico al Museo del Pellegrino.

due-etruschi-in-terracotta-davanti-a-un-banchetto-con-tavolino-e-sgabeli-una-grande-broccaConsumare vino “alla greca”

I banchetti etruschi erano ben noti nell’antichità e se ne ha testimonianza grazie all’arte: basti pensare agli affreschi nelle tombe etrusche, ma anche ai rilievi su urne e sarcofagi. E, ci raccontano, nello specifico, uno stile di vita agiato e vizioso.
All’inizio, però, i commensali etruschi venivano raffigurati seduti su normali sedie o sgabelli ma, a un certo punto, le abitudini cambiarono: iniziarono ad essere dipinti o scolpiti in tutt’altra posa, ovvero, distesi su dei Klinai (lettini imbottiti con un bracciolo soltanto) o a terra, su delle stuoie.
Ma perché gli etruschi subiscono il fascino della Grecia e, addirittura, iniziano a banchettare come loro?
Bisogna seguire il vino…


 

Gli etruschi si interessano ai greci

Quando si parla di Grecia sappiamo che andiamo a toccare “l’ellenicità”, cioè qualcosa di profondamente divino, misterioso, straordinario, di cui oggi si conosce il valore e che ci investe come un’onda.
Per qualche ragione, e in qualche modo, gli etruschi riuscirono a scorgere nella cultura greca un elemento di superiorità.
La Grecia, quindi, a un certo punto è in Italia. Ma perché è in Italia? E perché trasferiscono il loro bagaglio unico, di storia, agli etruschi?

L’aperitivo etrusco al MAP è figlio dello “spettacolo” greco

Il greco stava emigrando, dalla Grecia sovrappopolata, verso l’Italia, attratto dal potere forte dell’Etruria, e soprattutto dai materiali che avrebbero potuto estrarre e trafficare.
Trasferendosi, gli ellenici spostarono in Italia anche il loro sapere, il loro vissuto, le arti, la scrittura, un’idea sviluppata di “mediterraneo”, le loro abitudini alimentari e, dulcis in fundo, una chicca: lo spettacolo greco.
All’epoca, l’intrattenimento era un vezzo e ad allietare i banchetti e i simposi (in questi ultimi si beveva soltanto) c’era la musica che, guarda il caso, si ispirava ai poemi omerici, cantati con una metrica coinvolgente, che oggi potremmo avvicinare al “rap”.
musico-ai-tempi-dei-greci-ed-etruschi-in-mezzo-a-due-alberelli-e-uccelliniI poemi omerici esaltavano la figura dei greci, pertanto l’informazione che passava attraverso i banchetti non faceva altro che rafforzare ed espandere quell’immagine gloriosa.
Come potevano gli etruschi, popolo visionario, rimanere indifferenti di fronte a un uomo vincente quale era Achille, a un eroe quale era Ettore, e a una figura intelligente e impavida quale era Ulisse, con tutta la sua epopea di viaggio?
Questi erano gli uomini a cui ispirarsi, si dissero gli etruschi.  E così, iniziarono a comportarsi da greci, volevano fare tutto quello che facevano i greci. Solo così avrebbero potuto assorbire la loro epicità. 

Gli etruschi cambiano il loro modo di banchettare

Il banchetto è un’eredità importante, l’apice della cultura ellenica, un modo di vivere, un modo di essere, era la dimostrazione del potere, perché solo i ricchi di pari ceto vi accedevano.
Gli etruschi, per tutti questi motivi, volendo essere greci, iniziarono a mangiare e bere attraverso i loro codici. Si sdraiavano sulle stuoie a terra o sui divanetti ed ecco che cambiò il loro approccio alla convivialità e, quindi, anche l’iconografia si trasformò.

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Gli etruschi, ammiravano i greci o volevano solo eccellere più di loro?

Davanti a cotante maestrie greche gli etruschi non poterono che desiderare d’esser greci. Ma era davvero così?
Se i greci erano soliti aromatizzare il vino con la retsina, una particolare resina del pino di Aleppo, gli etruschi non tardarono a creare una loro usanza, affidandosi al rinomato miele.
Questo piccolo esempio per dire che, pur ammirando i greci, gli etruschi erano dotati di grande ingegno, pertanto, appresa l’arte, trovavano poi un modo tutto loro per farla propria.
Era ovvio, quindi, che non avrebbero mai organizzato un banchetto senza considerare, a monte, una produzione etrusca di vasellame. I greci avevano il loro, rinomatissimo. Gli etruschi avrebbero dovuto creare una linea personalizzata, riconoscibile.
Oggi diremmo “il loro brand”. Un unicum etrusco.

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Il bucchero all’aperitivo etrusco al MAP

E così fu: nacque il bùcchero, un tipo di ceramica cotta in forni particolari, privi di ossigeno, che -per effetto dell’ossido ferroso- mutavano il colore della terracotta. Perciò il marroncino dell’argilla -fino ad allora conosciuto- venne sopraffatto da un nero carbone, lucido.
All’aperitivo etrusco, l’”oste” Damiani ha apparecchiato un tavolino su cui erano poggiati alcuni bùccheri.

  • Il Cratere, un vaso grande, raffinato, per contenere il vino.
  • L’Oinochoe, la brocca col collo stretto che serviva per versare acqua nelle coppe dei commensali.
  • Il kyáthos, la tazza con una lunga ansa che veniva immersa nel cratere per attingere il vino .
  • Il kántharos, una coppa più grande a forma di calice, con due orecchie (manici) simbolo della condivisione. I commensali proprio grazie alle due impugnature se la passavano agevolmente.
  • Lo Skyphos, una coppetta utilizzata per bere il latte, anche questa con due piccole anse. Gli skyphos arrivati ai giorni nostri privi di un’ansa le fanno somigliare alle tazzine per bere il caffè.
  • Ai banchetti era presente anche l’Hydría, un recipiente di considerevoli dimensioni utilizzato per contenere l’acqua.

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Le donne al banchetto etrusco

Altra grande metamorfosi del banchetto etrusco, rispetto al greco, fu la presenza delle donne a tavola, sedute al pari degli uomini. Quindi, oltre alle schiave e alle cortigiane, ammesse in qualità di subalterne e intrattenitrici, le mogli erano vere e proprie fruitrici dello spettacolo.
Ciò suscitò lo sdegno dei greci.
Lo storico Teopompo scrisse: non solo seggono al banchetto ma bevono, brindano e sono bellissime a vedersi.

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Il gioco greco che diventò etrusco

Gli etruschi erano un popolo illuminato, volevano essere greci ma in realtà li superavano in tutto.
E anche nel gioco eccelsero.
Uno dei passatempo preferiti dei greci era il cottabo, che tra l’altro ha origini siciliane.
Quando nella coppa del commensale rimaneva l’ultima goccia di vino, quello la lanciava in aria, in direzione di un piattino posto in cima a un’asta. L’intento era quello di far cadere il piattino sul piatto grande, posto immediatamente sotto. Se la goccia raggiungeva il piattino, centrandolo, il commensale ne usciva, pertanto, vittorioso.
Gli etruschi, inutile dirlo, calatisi ormai nell’esperienza “ellenica” a tutto tondo, si cimentarono con diletto nel gioco e, anche in questo caso, ne migliorarono la spettacolarità.

Banchetti etruschi sontuosamente imbanditi

A testimonianza che gli Etruschi raggiunsero il loro scopo, fa fede uno scritto di Diodoro Siculo, uno storico greco del I secolo a.C., il quale li suggella con queste parole:

…per due volte al giorno, gli etruschi, seggono a mense
sontuosamente imbandite di tutto quanto ben s’addica al vivere,
con smodata agiatezza;
posseggono lettini ornati con coperte ricamate a fiori,
e vien loro servito da bere in coppe d’argento, in grande quantità e di ogni tipo;
e, considerevole, è il numero di schiavi al loro servizio”

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Una grattugia al nostro aperitivo etrusco al MAP

Durante l’aperitivo etrusco al MAP scopriamo, che in molte aree di scavo, spesso, vengono rinvenute delle grattugie in bronzo.
Certo, di fianco ai vasetti carini, ai corredi del defunto, ai cimeli che gli sono appartenuti, le grattugie non ci fanno esclamare esattamente “wow”.

La grattugia di Nestore

In una famosa “cena omerica, al padiglione di Nestore -il più vecchio e saggio tra i sovrani greci che assediarono Troia-, non solo rintracciamo una grattugia ma apprendiamo anche di un’antica usanza del banchetto legata a questa, che vedeva protagonisti vino e formaggio insieme.
Nell’Iliade (XI, 642-43), Omero scrisse, riferendosi a Nestore:

… grattò sopra, cacio caprino con una grattugia di bronzo”.

disegno-ceramica-in-cui-un-saggio-viene-servito-da-una-schiava-durante-un-banchetto-grecoMa dove grattò il formaggio? Sul vino?
Proprio così. E, l’usanza qui si fa interessante.

Ma facciamo un passo indietro: Ecamede – schiava di Nestore- aveva apparecchiato un tagliere di rame con cipolla e miele, e aveva posizionato in fila le coppe. Nestore le aveva riempite con del vino.
Sulla superficie si formava sempre una spumetta e, a quel punto, il vecchio saggio prendeva la grattugia e vi sgranava sopra la ricotta di latte di capra. Finita questa pratica spargeva anche una copertura di farina candida, a velo, e serviva la bevanda ai commensali.
Non pensate come me che sia da provare?

La grande narrazione al Museo del Pellegrino di Campagnano 

L’aperitivo etrusco al MAP, ci ha detto Michele Damiani, serve per stimolare l’appetito e la voglia di bere un buon bicchiere di vino ma è soprattutto un invito a scoprire la narrazione che si cela dietro i gesti, che non sono solo l’atto di stappare, versare e bere ma evocazioni più complesse.
Il vino è una ricchezza del territorio italiano, e allora era un prodotto identitario dell’Etruria, cioè  il suo valore era già acquisito: per il tipo di territorio fruttuoso e per la nostra cultura.
Ma fu il modo di consumarlo che cambiò. E come? Seguendo il codice greco.
Con il vino, i giochi, i banchetti, i greci avevano capito di poter veicolare l’ideale eroico  ambito dagli uomini.
Gli etruschi, infatti, percepirono la cultura greca quale simbolo di evoluzione.

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All’aperitivo etrusco al MAP spuntano gli dei

Al banchetto etrusco la figura del capofamiglia aveva una parte ben precisa: arrivato il momento opportuno, questi si copriva il capo con un lungo mantello -in segno di rispetto verso gli altri commensali- prendeva un piatto, vi versava del vino e, bisbigliando formule segrete, lasciava che alcune gocce cadessero in terra, per le divinità. Un’offerta ossequiosa e di ringraziamento che riesce ad evocare -semplicemente parlandone- immagini antiche, così lontane dal mondo odierno.
Seguendo questi rituali si può pensare di allestire una cena alternativa.
Così, per ricordare lo spirito etrusco, che è stato innegabilmente un acceleratore della nostra cultura e del nostro stare bene a tavola.

Grazie Michele Damiani per il banchetto ma anche per la passione che ci metti ogni volta che ti avventuri nei racconti, li fai diventare reali.

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Emanuela Gizzi Fotografa ideatrice di Mapping Lucia

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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