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Sebastiano Andrea Meli: la danza sulla pelle

In vista del secondo debutto per "L'Inciso", un balletto nato in commistione con le opere di J.P. Velly, scopriamo chi è Sebastiano Andrea Meli

di Emanuela Gizzi
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I primi passi di Sebastiano Andrea Meli

Sebastiano Andrea Meli è un coreografo e ballerino che vive a Formello da diversi anni. Ha iniziato gli studi a Catania per poi ritrovarsi all’Accademia di Danza di Roma poco più che quattordicenne.
Di questo grande salto non smetterà mai di ringraziare i genitori che sono stati generosi e comprensivi, non hanno ostacolato il suo sogno di diventare ballerino.
La storia di questo ragazzo -oggi quarantenne- e, in particolar modo il suo rapporto con la danza, inizia proprio grazie a sua madre.

In effetti, sì. Mia madre, per hobby, aveva organizzato con le amiche un gruppo di danza delle mamme e, un giorno, per curiosità sono andato con lei.
Stavano ballando su un pezzo di Otis Redding -Kingston Town-, quella per me fu una scintilla che si accese e che mi convinse a iscrivermi a un corso.
Così, insieme a mio cugino, mio fratello, delle amiche, colonizzammo una scuola di danza, travolti soprattutto dall’atmosfera che si era creata, e dall’emozione unica di condividere insieme un’esperienza.
Poi a 12 anni mi capitò di vedere il Festival della Danza -Maratona d’Estate-, con i ballerini Julio Bocca e Raffaele Paganini. Era un Romeo e Giulietta.
Fu lì, in quel momento, che decisi davvero che il ballo sarebbe diventata la mia vita”.

il-giovane-andrea-sebastiano-meli-durante-uno-spettacoloL’Accademia di Danza di Roma

Dal quel momento lavorò con costanza per approdare all’Accademia di Danza di Roma dove, oltre che studiare per migliorare la tecnica, si formò nel carattere.

“Per un ballerino è essenziale essere umili ma anche avere una buona dose di ego”  mi confida “bisogna mostrarsi sicuri, esserlo anche, ma mettersi in discussione sempre; giudicarsi, essere onesti con sé stessi e non farsi mai troppi complimenti, che non aiutano a migliorarsi”.

Verso un firmamento di stelle

Dagli slanci che la vita gli stava offrendo, Sebastiano seppe cogliere le occasioni quando gli si presentarono.
Nel 2002, termina l’accademia e inizia un periodo di esplorazione nelle varie compagnie.
A Taormina entra a far parte del corpo di ballo di Raffaele Paganini in “Una vedova allegra”; a Reggio Calabria si cimenta come solista ne “La Traviata”, sotto la direzione artistica di Katia Ricciarelli; e poi torna a lavorare al fianco di Paganini al Petruzzelli di Bari.
Ricorda commosso:

Raffaele era dietro una quinta, io nell’altra. Entrare in scena con lui è stato un qualcosa di inimmaginabile. Fino a quel momento per me aveva rappresentato il mito, l’esempio da seguire.

Oggi è anche un amico a cui voglio bene e che stimo”.

Sebastiano Andrea Meli e Vittorio Biagi

Ma il vero incontro di Sebastiano Meli è con Vittorio Biagi, uno dei più geniali talenti nel mondo della danza, e l’allora étoile del Balletto dell’Opéra di Parigi.

Il senso dei miei movimenti li devo a lui. Vittorio mi ha trasferito la tecnica ma anche la gestualità.

Una mano, uno sguardo, un minimo movimento hanno un senso ben preciso se tu glielo dai.

Grazie a lui ho lavorato su palcoscenici magnifici, in tournée europee importanti gestite dalla Fondazione Pavarotti.
Lui mi ha fatto crescere e mi ha dato le chiavi per coreografare, che è vero che ce le devi avere già di tuo, ma impararle dal migliore fa la differenza”.

Con Biagi, Sebastiano Meli gira tutto il mondo, ed è in questo frangente che quei sogni di ragazzino si avverano.
Danza sui palchi più importanti, tra cui Broadway, dove interpreta Giacomo Puccini; e Parigi, dove l’esperienza si ripete tante volte e per lunghi periodi.
Ma tra i momenti più intensi della sua carriera non può dimenticare quello a Hong Kong, aveva solo 18 anni ed era la sua primissima tournée, di quelle che non si scordano più.

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Tutto ruota intorno alla danza

“In questi anni è stato come vivere in un film. La mia vita è fatta di tanti incontri diversi, di tante esperienze ed emozioni diverse. Anche perché non ho mai voluto rinunciare a niente. Mi piace nutrirmi di tutto quello che c’è nel mondo e portarlo nella danza, sono un curioso, e questo mi ha sempre spinto a non chiudermi tra le pareti di un teatro, anche se voglio stare sul palco”

Sebastiano scinde la vita privata da quella lavorativa ma resta un ballerino e, per forza di cose, tutto finisce per ruotare intorno alla danza.
I luoghi che ha visitato e l’intera organizzazione della giornata dipendevano strettamente -e in parte ancora dipendono- dal suo lavoro.

Andrea Sebastiano Meli e il suo “ego”

Sebastiano si definisce egocentrico, dice di sé che gli piace mettere in mostra ciò che vuole dire.

E’ così, non credo sia un difetto, io curo il mio ego, mi amo e mi rispetto.

E per chi fa un mestiere come il mio è abbastanza normale cercare di evolversi, e farlo autocelebrandosi.

Quando danzavo, anche se sapevo che c’era un ballerino più talentuoso, non mi facevo intimorire dal confronto, anzi, entravo in scena e mi prendevo il mio spazio per farmi notare. Credo molto in me stesso, mi piace apparire, sono la classica prima donna”.

Sorride. Si sente sereno rispetto a quello che per molti potrebbe essere un’accezione negativa.
Lui, anzi, insegna alle sue allieve e allievi a piacersi.

“Certo, dico loro di nutrire l’ego. La strada che hanno scelto di percorrere è in salita, devono pretendere il massimo da loro stessi e devono studiare il lavoro degli altri per migliorarsi”.

D’altronde per calcare un palco ci vuole sicurezza, il mento alto, il petto in fuori, e quel pizzico di narcisismo che non guasta.

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Danza, mimica e pignoleria

Siamo seduti al tavolino di un bar per questa intervista, e Sebastiano riesce a ballare da fermo, semplicemente gesticolando. Ha le braccia morbide, una spiccata mimica facciale, l’eleganza tipica di chi ha respirato i palchi del mondo.

Però non ho mai studiato recitazione. Non ne ho avuto il tempo.

Ma mi piacerebbe, perché vorrei far crescere la mia espressività. Magari, un giorno lo farò ma al momento preferisco concentrarmi sulle coreografie.
Nella vita sono un sognatore, invece nel lavoro sono molto metodico e anche pignolo, perciò non sopporterei di fare troppe cose e farle male.
Però la gestualità è una componente della danza, va tenuta in considerazione. Per fortuna sono avvantaggiato da una naturale predisposizione, ma qualora dovessi, un giorno, portare sul palco la vita di Charlie Chaplin, che è uno dei miei tanti sogni, allora approfondirei. Sarebbe una bella sfida”
.

Andrea Sebastiano Meli e Rolando Sarabia

In passato c’è stata un’esperienza che lo ha avvicinato a quel teatro di maniera.
Sebastiano proviene dal Classico e ha studiato anche Contemporaneo ma tra questi due mondi, a un certo punto, si sono intrufolati gli Étoiles de Cuba, del Washington Ballet, e in particolar modo Rolando Sarabia.

Rolando… un anno con lui è stato come ricevere la manna dal cielo, ho rubato tutto quello che potevo, era pazzesco”.

Una sera alle prove del Rigoletto a Formello

Un anno fa chiesi a Sebastiano Meli di poterlo intervistare perché avevo assistito a un confronto tra lui ed alcune delle sue allieve. Mi era piaciuto l’insegnamento che aveva tentato di trasmettere loro.
Il palco, era un palco straordinario, le scale di Palazzo Chigi di Formello. In esterna, e su una pavimentazione che non si addice ai piedi di un ballerino.
Inoltre l’Opera, il Rigoletto, era complessa perché vedeva unite insieme tante realtà: dai cori all’orchestra, ai vari direttori e maestranze della musica. Insomma, uno scenario apocalittico per quanto concerne l’organizzazione.
Le ballerine, quella sera, quando arrivai per fare qualche scatto fotografico, erano tutte in circolo intorno a Sebastiano, i visi rischiarati lievemente da un lampione. Non percepivo le loro espressioni, né quella di Sebastiano, ma il sentimento atterrito che le univa, sì, e anche le sue parole, che mi sono arrivate addosso piacevoli, come  una nota bella della giornata. Forse proprio perché sviscerate in una penombra intima e impetuose.

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Una pillola di saggezza e di strana magia che mi fa pensare a Degas

Il discorsetto che Sebastiano stava facendo loro non era una predica ma uno sprono.

Appena glielo ricordo, mi dice:

Capita quando si è molto pieni -e noi lo eravamo tra le prove del Rigoletto e de L’Inciso– che si perda la concentrazione e ci si lasci confondere dalla stanchezza, da un palco grezzo che presenta le sue difficoltà, da più sipari che si aprono e si chiudono, da un diverso ritmo tra i vari attori.
Quindi, quello che raccomandavo alle mie allieve era di guardare il loro, di non farsi disorientare perché in ogni lavoro che si affronta subentrano mille problematiche diverse e lagnarsi non aiuta. Vanno trovate delle soluzioni immediate e bisogna restare lucidi, sul pezzo; eleganti e determinati, dediti a ciò che si sta facendo”.

Diciamo che la forza con cui ispirava le ragazze mi ha resa partecipe di un momento di vera danza. Per un attimo, nonostante la luce fioca, il gruppetto poteva essere benissimo un “dietro-le-quinte” dipinto da Edgar Degas, in cui si sente la fatica mentale e fisica, in cui ti arriva il dolore ai piedi, gli attriti mentali, lo sforzo per darsi un equilibrio.
Aggiunge: “… altrimenti è la danza a rimetterci, e anche il messaggio che portiamo”.

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La strada verso L’Inciso

Sebastiano ha accennato al Rigoletto e a L’Inciso. Sono le due opere andate in scena l’estate scorsa a Formello.
Ne Il Rigoletto il corpo di ballo faceva parte di una macchina grande, ne L’Inciso, invece, Sebastiano Andrea Meli si è confrontato con un artista vissuto a Formello, Jean Pierre Velly, un incisore morto tragicamente nel lago di Bracciano, di cui ha voluto ripercorrere alcune fasi della vita attraverso i suoi quadri.

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L’idea de l’Inciso è nata da una curiosità personale: non sapevo chi fosse J.P. Velly, a cui era stato dedicato il teatro locale.
Fu la mamma di una mia allieva a consigliarmi di leggere la storia della sua vita che, secondo lei, mi avrebbe colpito e in cui mi sarei ritrovato.

In effetti, l’ho già detto in altre circostanze, ho come trovato un amico in Jean Pierre, l’ho interiorizzato, tanto, e con Katrine, la figlia, ho istaurato un bellissimo rapporto, abbiamo creato insieme qualcosa di unico”.

Una coreografia sui quadri di J.P. Velly

Le opere di Velly hanno fatto da scenografia ai passi di danza, creati appositamente sui dettagli delle opere, ed erano talmente affini da sembrare che le opere si animassero, emergessero dal ledwall.
Un suggerimento visivo che ha valorizzato lo spettacolo ed ha meglio avvicinato il pubblico a quadri di non facile comprensione, molto tormentati e comunicativamente schietti.
La marginalità raccontata da Velly è stata trasposta da Sebastiano con tatto e grande energia. Inoltre, ha scelto ballerine che potevano meglio comprendere la trasformazione insita nei messaggi, da bruco a farfalla. Ragazze che hanno combattuto per raggiungere i loro personali risultati e di cui lui va molto fiero.
“Merito loro, mio, dei genitori, della squadra. Tra l’altro, il 25 luglio ripetiamo L’Inciso, per loro sarà un momento magico e di approfondimento”.
Sebastiano ha trascinato fuori dai quadri di Velly tutta l’umanità possibile, ha estrapolato temi sociali e ambientali, ha reso giustizia a un artista indissolubile.

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Sebastiano Andrea Meli e la coreografia

Sebastiano ha smesso di fare tournée come ballerino cinque anni fa e da allora ha costruito altri percorsi, sia nelle scuole di danza -che richiedono la sua professionalità-, che come maestro-ospite nelle giornate intensive.
Ma, oltre a viaggiare molto, ha anche pontificato una realtà stabile, si tratta di uno spazio privato, la Apple Studio, che si rivolge a quegli allievi e allieve che vogliono intraprendere una carriera nella danza.

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Oggi, da coreografo ha piena coscienza di ciò che è stato e del tipo di coreografo che vuole essere.

Da ballerino è un continuo io, io, io. Da coreografo trasferisci quell’io e le tue ambizioni sui ballerini. Un travaso necessario.
Vorrei avere da coreografo, la stessa carriera che ho avuto da ballerino e voglio viaggiare perché sento di poter crescere ancora.
Il confronto con altri ballerini e coreografi ti permette di divorare tutto quello che è sul piatto, è una scuola incisiva, sia sul palco che fuori e, quando si ricevono i complimenti dagli étoiles, la testa fa uno scatto.
Sono passi necessari oppure si rischia di rimanere ancorati al solo giudizio di parenti e amici, e loro -lo sappiamo- ti applaudono comunque.
Lo stimolo è raggiungere più persone che trovano efficace il tuo modo di proporre la danza.
Certo, all’estero non si trova lo stesso calore che c’è in Italia ma, proprio per questo, è una buona palestra. Lì il complimento è una conseguenza del merito, bisogna guadagnarselo”.

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Prove L’Inciso II

Visione di Danza

Nella Apple Studio non si va a studiare danza ma si sposa la visione di danza di Andrea Sebastiano Meli che verte su quattro fondamenti: arte, anima, tecnica e pulizia dei movimenti.

“Io sono molto severo, soprattutto con i ballerini in cui vedo un talento. Applico lo stesso approccio che, anni fa, ebbe con me Dora de Panfilis.
Se all’inizio mi avviliva essere ripreso continuamente poi capii che quel metodo mi stava formando.

Bisogna essere perseveranti. Alle allieve insegno la tecnica e le regole ma anche a rischiare: se sul palco si resta nel proprio, non si arriva intensamente al pubblico. Questo atteggiamento è importante quanto essere musicali, avere delle belle linee, fare delle strepitose diagonali.
Le coreografie vanno rispettate ma ognuno deve esprimersi secondo il proprio modo di essere artista. La danza va lasciata fluire.

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Tra arte e famiglia la vita di Sebastiano Andrea Meli

Sebastiano ama la semplicità che oggi reputa una conquista.

Il semplice può essere inteso come banale ma la ricerca della semplicità ti fa ottenere i risultati migliori. Per stupire non serve di inzeppare cose, quello semmai ti porta ad essere poco chiaro.

Ci vogliono anni di lavoro per maturare questa naturalezza di fondo e se la concentri è lì che emerge davvero il messaggio che vuoi dare”

Oggi oltre ad essere un coreografo Sebastiano è papà

“… i miei figli… li guardo e sono innamorato. Il primo figlio l’ho vissuto appieno, con il secondo mi riesce meno per via dei tantissimi impegni lavorativi e mi dispiace non potergli dedicare lo stesso tempo”.
In questa esperienza di vita privata Sebastiano ha maturato un concetto nuovo che in qualche modo va in contrasto con il suo essere egocentrico: cioè ama qualcun altro più di sé stesso.
“Soprattutto quando i figli ti copiano” dice “il grande -per esempio- si lega i capelli come me. E io, in quel piccolo gesto, vedo chiaramente che in loro c’è instillata una parte di come sono, mi ci rispecchio e so’ che vengo dopo di loro”.

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Il primo "Inciso" nel 2023 di Andrea Sebastiano Meli al Teatro J.P. Velly

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Emanuela Gizzi Fotografa ideatrice di Mapping Lucia

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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