Ci hai tolto le parole
o ce ne ha messe in bocca troppe
lamenti miseri
che non stanno in piedi.
Ormai cigoliamo
come se nel cervello ci fosse la ruggine.
E i pensieri!
Non li nascondi i pensieri, purtroppo no,
anche se metà viso se ne va con te.
Ci celi, sì,
ci cancelli,
fai evaporare il respiro,
e distrattamente il viso ha già cambiato forma,
non è più tenero e composto,
accogliente all’altrui sguardo.
Considero che ormai siamo indivisibili,
io e te,
che me ne devo fare una ragione,
ma quando non sei con me
mi pare di tornare a respirare.
E rinasco,
poi però
mi bendi di nuovo.
Non riesco a volerti bene,
mi ricatti.
Ci ricatti.
Resti sospesa sul braccio
ti porto lì, tirata su con gli elastichetti
come un bracciale diverso
un oggetto indesiderato,
espulso.
Mi trovo a dover convivere con te,
addirittura non si può uscire senza il tuo benestare.
È una vita scomoda questa!
Me la sono meritata?
Chi lo sa.
Io vorrei solo rivedere Vasco allo stadio
e cantare a squarciagola,
senza dover suonare d’ovatta
o di melodie soffocate.
Vorrei tenerti in tasca
e mostrare le labbra,
lucidarle di burrocacao
fare un sorriso alla gente,
una smorfia,
o che ne so, una linguaccia,
purché resti visibile.
Vorrei riprendermi metà dell’espressione
che mi rubi ogni giorno.
Ecco, l’unico momento decente
legato a te
è quando prendo le forbici
e taglio quei tuoi elastichetti antipatici.
Non servi più,
e mi fai pure pena.