La Chiesa di San Michele Arcangelo, tra flauto e piano, gli affreschi restaurati, i descialbi in corso, non si ferma mai, vive in un cuneo, tra luce e ombra
Quando l’arte è un dare-avere
Un San Michele Arcangelo, tra flauto e piano, ci porta a pensare che i dipinti, al di là del valore religioso che testimoniano e al di là della simbologia che rappresentano, non sono opere mute.
San Michele, sull’altare dell’omonima Chiesa, nel centro storico di Formello, sembra davvero il fulcro di una potenza superiore, colui che abortisce il male, lo schiaccia sotto il piede e lo uccide scagliandogli addosso una freccia.
Eppure la raffigurazione è in sospeso. La freccia, nella mano, aspetta qualcosa. Il Santo sembra addirittura ascoltare il grido di grazia del Dragone.
E la Musica sembra affievolire l’atto cruento in sé, o addirittura sostenerlo, caricandolo di coraggio.
La Musica, come è successo già per altri eventi –come La Misa Criolla o La Vocalità Aurea– si mescola con l’ambiente, con i restauri in corso e con quelli già realizzati, e li fa vibrare. Sembra il cardine da cui ripartire, per aprire -sempre di più- il varco alla luce.
E l’introduzione della concertista internazionale, Francesca Canali, ha in qualche modo rafforzato questa idea -o che si voglia- progetto.
Nel dare una guida di lettura del concerto ha detto:
Il motto non è condurvi dal visibile all’invisibile ma è rendere l’invisibile, visibile, proprio come è accaduto a questi affreschi, che prima non erano percepibili ma che un occhio attento ci ha restituiti”.
Ecco, questa è l’Arte. E, a formare l’arte, ci sono tanti pezzi: forme diverse che si battono per esprimere pensieri diversi.
Rivelazioni
Quel velato, quell’invisibile che mi è apparso improvvisamente davanti agli occhi e che non avevo visto prima, ad esempio, è scaturito proprio dal dipinto di San Michele Arcangelo, tra flauto e piano.
Non c’è nulla di diverso, in realtà. Anche negli altri concerti, anche durante l’ultimo matrimonio, il dipinto era lì, in qualche modo ad assistere alla scena.
Eppure grazie all’esibizione, prima dolce e poi austera e poi tribale, del duo concertistico, mi sono resa conto che noi osserviamo un quadro ma che, anche il quadro, osserva noi.
Il San Michele ha assorbito -dunque- l’arte, il pensiero degli artisti, ha ascoltato le tre romanze di Schumann, ne ha trattenuto le suggestioni e gli stati d’animo, proprie del compositore. Forse in quei deliri di schizofrenia vi ha riconosciuto il maligno sotto di lui, e nel comprenderne la malattia, ha avuto quasi un moto di perdono.
Ma poi ha sentito crescere i flussi, così diversi, le note americane, quelle russe, ha sentito salire il contrasto dei mondi e dei suoni ma ha anche potuto godere di un’atmosfera sublime creata dalla liaison dei due strumenti.
Ha potuto distinguere il buono dal cattivo. Fino ad arrivare all’Atto Finale, quando la freccia -scossa da un’eccezionale pezzo di Jolivet– ha trovato tutta l’energia, necessaria, per annientare per sempre il maligno.
San Michele Arcangelo, tra flauto e piano, e le Baccanti
Questo ultimo pezzo, che è stato incredibile, potente, è un vero pugno in pancia. Una ribellione femminista a cavallo tra il V e il VI secolo a.c.
Jolivet, sviscera la tradizione pagana greca, mescola i canti funebri a una frenesia diabolica, e a un certo punto è chiaro che l’atmosfera si fa cruda, e il cuore viene chiamato in causa.
Siamo trascinati nel rituale delle Baccanti che ci vengono -musicalmente- fatte rimbombare nei timpani.
Erano donne normali, prima che i loro corpi venissero coperti dalla testa ai piedi -per non essere mostrati ad alcuno- e loro stesse non venissero rinchiuse in casa, con l’obbligo di non abbandonarla mai.
Canali e Braconi ce le hanno mostrate queste donne. Ma, non ci hanno mostrato solo la danza tribale, non ci hanno tranquillizzato con la visione bellissima del latte o del miele che sgorgano dalla roccia.
Ci hanno spalancato davanti al viso il Monte Citerone, il luogo impervio che le donne greche preferirono alla schiavitù psicologica e fisica. Laddove, per seguire il richiamo di Dioniso, si rifugiarono per divenire crudeli.
Finale con uccisione del Drago
Quindi la musica, divenuta inquietudine, batteva incessante i colpi sul petto. Le Baccanti si sono fatte demoniache, abbiamo toccato le devastazioni dei villaggi e i rapimenti dei bambini, visto le mandrie di mucche squartate, il delirio e l’onnipotenza aumentare.
In questo delirio, ho visto la freccia di San Michele Arcangelo, da sempre in stand-by, venire giù decisiva, trafiggere il petto del Dragone.
L’applauso per questo finale, che Francesca Canali ci aveva annunciato “azzardato”, è durato qualche minuto e, in qualche modo, anche il Santo, liberatosi dalla freccia ne ha preso parte.
Gli eventi, che si svolgono nella Chiesa, sono utili alla raccolta fondi per proseguire il bel lavoro di restauro ad opera dell’Archeoclub di Formello.
Qualora non siate potuti intervenire ma volete contribuire vi lascio la mail di riferimento:
formello@archeoclubitalia.org
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.