Ci sono tanti pezzi di me nel Crèmera, un insieme di frammenti distanti tra loro, nel tempo e nello spazio, una giostra di ricordi che mi porto nel cuore. In questo articolo racconto due momenti segreti
Le Valli del silenzio
I tanti pezzi di me nel Crèmera formano una storia ma, quando osservo l’acqua, mi rendo conto che sono invece delle piccole trame, con un inizio, una fine, nel mezzo i sentimenti.
La Valle del Sorbo, per me, non è mai stata solo una scampagnata a Pasquetta, che tra l’altro da noi si festeggia il martedì per un contenzioso divertente con i vicini Campagnanesi, ma anche tutti quei momenti in cui ho avuto bisogno di trovare negli alberi, nell’erba e nelle nuvole -libere da costrizioni urbane- una qualche risposta.
E, visto che di tanto in tanto, queste valli ci risolvono, ci fanno delle sorprese, mi va di raccontarvi due fatti privati accaduti proprio lungo il mio corso d’acqua. Una è quasi una fiaba, l’altra invece è di natura romantica.
A spasso con le Oche
La fiaba inizia con c’erano una volta quattro ochette, piccoline, che non avendo la mamma ed essendo allevate da una ragazza di nome Emanuela, si erano abituate a seguire i piedi umani invece che, le consuete, zampe palmate.
Erano molto simpatiche e, un giorno, per fare loro un regalo, Emanuela le portò al Sorbo.
Presero a correre felici sull’erba e, quando lei si sdraiò, loro se ne stettero per un pò in piedi, a osservarla.
Di fianco, impettite come guardie del corpo.
Fino a quando non sentirono il richiamo dell’acqua, quello scorrere di sottofondo come una ninna nanna, e videro il luccicare del sole sulla superficie. Solo allora, seppur circospette si allontanarono da lei.
Entrarono scivolando sul freddo liquido del Crèmera e si lasciarono trasportare. Ondeggiavano, ancora indecise sul da farsi. Poi la lieve corrente le strappo alla quiete.
Erano buffe nel tentare di rimanere tra l’acqua e i piedi di quella ragazza, sbattevano le ali felici ed emettevano dei gridolini che somigliavano alla gioia. Da quando erano nate avevano visto solo una grossa bagnarola e tanto prato.
Lei poi le ripescò una a una, avevano la frizzantezza dell’acqua sulle piume.
Quando si dice “sei come un pulcino bagnato” credo si alluda alla tenerezza, le baciò su quel piumaggio indifeso e se le riportò a casa.
L’acqua nel sangue
La storia romantica invece inizia con un “ti volevo fare una sorpresa” e una benda.
Pochi chilometri di strada e poi uno stop. Quando gli occhi vengono lasciati liberi di guardare si rendono conto di essere al Sorbo e che, in acqua, c’è un tavolino imbandito di cibo. Era un pic-nic insolito, tanto da sembrare un’illusione.
Insomma, la stessa Emanuela, era stata messa nella condizione delle oche, solo che a lei era stata affidata una sedia, su cui stare in equilibrio, mentre il Crèmera -sotto- passava scricchiolando.
Il vino scendeva pastoso, gli alberi intorno spiavano la coppia, l’odore del cibo saliva mischiandosi con quello dell’humus, la terra sembrava finire lì, in quel piccolo fazzoletto di terra.
C’è qualcosa di piacevole nel veder scivolare l’acqua sotto di sé, mentre si ride e si beve, una sensazione di viaggio, stando fermi. Come se il sangue a un certo punto diventasse acqua, il corpo un’appendice del fiume e, il proprio essere, cominciasse ad andarsene in giro, trasportato ovunque mentre i piedi restano nella sabbia.
Quando gironzolo nella Valle, tutti quei pezzi di me nel Crèmera rivivono nel mio sguardo e io li contemplo per un pò, con la lacrimuccia -a volte- e poi li lascio aggrappati all’aria, mentre me ne vado.
Questi due momenti che vi ho raccontati non sono nemmeno troppo distanti l’uno dall’altra: un po’ prima del ponticello di legno, un po’ dopo il pascolo grande di buoi.
I segreti non più segreti!
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.
2 commenti
Sei una di quelle autrici che dopo aver letto vorresti abbracciare e dire GRAZIE
Emilia, io invece sogno di abbracciare chi mi legge perché scrivere è facile, trovare persone con cui condividere il proprio pensiero più complicato, farsi leggere, difficilissimo. Quindi grazie. Grazie a te e ai tuoi racconti sul comodino, che potrebbe essere il titolo di un libro.