La strada fino alle Sorgenti del Crèmera è un excursus che non riguarda solo i passi su un sentiero ma va oltre il tempo
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera inizia in un’altra regione, almeno per me che più di trent’anni fa ho scoperto la magia di una Gola. E si sa, ogni inizio ha una Sorgente.
Scrivere, fotografare, amare
La verità sulla mia passione per la Natura e per i corsi d’acqua non la conosce nessuno. La racconto qui per la prima volta, e parto da molto lontano perché non si arriva ad essere ciò che siamo senza un trascorso.
Innanzitutto io sono una narratrice. La voglia di scrivere ciò che vedo mi appartiene nell’intimo. Testimoniare un momento, ma anche lasciare traccia di una mia emozione, mi fa sentire libera.
Mi piace fotografare, e anche questo si sposa bene con l’andar per boschi: la Natura ha bisogno di essere portata tra la gente che non cammina, appesa sul muro di qualche mostra, sparpagliata per far scaturire una coscienza a chi una coscienza non ce l’ha.
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera inizia nelle Marche
Torno dunque alle origini, a quando ho deciso di indossare gli alberi come fossero capi d’abbigliamento o di parlare agli animali come si parla agli amici più cari.
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera parte da molto più lontano, c’è uno spazio arco-temporale di più di 30 anni.
Ero in quella dimensione che oggi chiamiamo forra la prima volta che ho avuto a che fare con un sentiero impervio, le rocce alte, un eremo sospeso, il frusciare delle fronde intriso da un venticello caldo.
Si chiama “Gola dell’Infernaccio” questo posto, e si trova nelle Marche.
Avevo dieci anni e quel giorno c’erano tutti: i miei nonni, i miei genitori, mia sorella, il mio amico Patrizio e la sua famiglia. Nonna ci aveva tenuto a portarci lì e io non la ringrazierò mai abbastanza.
La sorgente di una sorgente
Quindi ci siamo imbarcati in questa escursione a piedi e le nostre voci hanno ridestato i boschi e perfino l’eremita che viveva in cima alla montagna. Ma abbiamo anche ascoltato il rumore dei sassi sotto ai piedi e il silenzio profondo che scivolava giù tra la polvere granulosa e gli alberi. Io più di tutto ho sentito l’incessante rotolare del fiume Tenna che portava con sé un carico di pesci e trote magnifiche. Mi sono sentita un pesce.
Ma nonostante la melodia di quel paradiso non ho compreso appieno, e non subito, la tempesta che mi aveva attraversata. Ma il fatto che la ricordi ancora oggi, è il segno evidente che ci sono emozioni in grado di catturarti, affondare le loro radici e riaffiorare improvvise per indirizzarti nella vita.
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera si è andata accorciando poi nel corso degli anni. Quando sono cominciati ad apparirmi davanti agli occhi gli alberi della Valle del Sorbo ho potuto recuperare dalla memoria quel frammento della mia infanzia. Mi era rimasto nel cuore e me ne sono riappropriata cercando di viverlo di nuovo.
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera passa per la foce
Così ho iniziato a interessarmi al mio territorio. Dal 1997 in poi la Valle del Sorbo è diventata il mio nido. Fotografavo tutto e una di quelle fotografie ha partecipato alla prima mostra che si è svolta a Formello nel 2004.
Avevo immortalato dei cavalli che attraversavano il Crèmera in una luce densa, i miei alberi preferiti sullo sfondo. Era una foto semplice senza fronzoli, scattata con una compattina.
Però si è come aperto un cerchio che poi ho richiuso solo quando nel 2016 ho organizzato la mostra “Vi ho rubato il Crèmera @30.5”. Lì ho potuto percorrere il corso d’acqua dalla foce alla Sorgente.
Una bambina adulta che ama la Natura
Oggi non sono tanto diversa da quella bambina sul fiume Tenna: guardo ancora con occhi luccicanti e ammirati tutte le tonalità del verde, la trasparenza dell’acqua, la caparbietà del cielo e tutte quelle sue nuvole dalle forme inimmaginabili. E annuso gli odori delle erbe e dei fiori per esserne parte: mi innamoro ogni volta di un albero, lo fotografo, lo sposo quasi, lo abbraccio e gli do perfino un nome.
La donna che sono diventata è il frutto della grande e potente influenza che la Natura ha avuto su di me, perché mi coglie impreparata e mi commuove sempre.
Così resto a fissare per ore la luce che cade sulle foglie, che taglia una valle, che scivola addosso a un bue o a un cavallo levigandoli, che fa emergere la bellezza dei contrasti. Qui le differenze non hanno modo di esistere o almeno non come difetto o sottrazione.
Poi cammino sull’erba, schivo le margherite per non fargli del male, mi siedo su un sasso e mi appunto qualche pensiero, cammino di fianco al mio Crèmera e ascolto il richiamo di qualche falco che stampa la sua ombra sulla mia testa. Mi sento un falco anch’io e volo, annuso il vento, lo abbraccio e so che quello è il mio posto e che, ovunque andrò e ovunque sarò, la terra rimarrà sempre il luogo in cui recuperare me stessa.
La strada fino alle Sorgenti del Crémera appartiene agli etruschi
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera è stata piuttosto lunga ed è stato mio padre a svelarmela, un giorno che eravamo in giro.
Mi piace seguire chi conosce i posti. Sento di ereditare sempre dei grandi regali quando trovo una nuova avventura ad accogliermi.
E il Parco di Veio ne ha di cose da raccontare. Può essere selvaggio, intriso di magia, di boschi muschiati. Ma anche candido, pieno di colori pastello, un paesaggio filosofico. Avverti gli occhietti dei cinghiali che ti spiano, i suoni primordiali che creano una bolla. Tutto si innesca insieme trascinandoti lontano. Nei cunicoli etruschi, sotto qualche lucernario, nel suo rimbombo vuoto e nella luce nuda delle tenebre che ti si incarna addosso. Quel respiro della terra umido e poco loquace che ti porta indietro nel tempo.
Gli opposti mi attraggono
Io amo la roccia come amo l’erba, sono così complementari. L’una forte, l’altra fragile. Come i cunicoli e la Valle del Sorbo. Gli uni invisibili, strutturati, che resistono al tempo, tanto bui da incuterti timore; l’altra un habitat che varia, piena di sole e di brina, di animali al pascolo e di alberi struggenti.
Io cammino col cuore in gola ovunque vada ma ho una predilezione per la Sorgente del Crèmera più che per la Cascata dell’Inferno. Che pure è qualcosa di unico, un luogo remoto che non dovrebbe stare su nessuna cartina tanto è auspicabile resti protetta.
Però la Sorgente è l’infinito. È la favola.
La strada fino alle Sorgenti del Crémera è qua
Sei un esserino sotto il Casco delle Cornacchie, guardi su e il costone pare quasi venirti addosso. L’acqua sorgiva scivola bagnando la roccia, si intrufola tra i grappoli di muschio e cade nel tratto originario del Crèmera, in quel punto preciso in cui la sua storia ha inizio.
Cammino nell’acqua, sotto un incavo nascosto da una filatura di edere, un angolo felice per ascoltarsi e ascoltare.
La strada fino alle Sorgenti del Crèmera sembra finire proprio dove sta il principio dell’acqua: laddove, tre fonti che nascono a monte si riuniscono.
Insieme raggiungono l’acqua sorgiva, si abbracciano, diventano forti e da lì intraprendono il loro viaggio verso il Tevere.
La luce e i suoni della Sorgente
Intorno c’è un rumore sordo che si mescola a momenti di abissale silenzio, e le foglie brillano in contrasto con l’aggrovigliarsi dei rami. Ci vedo dentro la potenza dei chiaro-scuri di Caravaggio ma ancora di più le pennellate di Monet con quei teatri di verde che riescono a incantare lo sguardo.
La confusione di alberi e liane non lasciano spazio a sentieri certi, e anche il cielo è catturato da una ramificazione maniacale. Scompare quasi alla vista.
D’altronde, non ci sono braccia a potare tanta esuberanza e la Natura fa quello che vuole in questo limbo, si espande nella sua pienezza, crea opere d’arte naturali.
Il messaggio del Crèmera
Respiro con i polmoni spalancati e la fragranza dei muschi e delle cortecce mi sale nelle narici riempiendomi l’anima. Mi pare di sentire il chiacchiericcio degli alberi che mi prendono in giro, di vedere sbucare volti di creature dalle rocce. Li fotografo, e il display non mente, non li sto semplicemente immaginando, ci sono e mi spiano: sono i guardiani della Sorgente.
Il pensiero che possiamo essere una minaccia per questi posti mi tormenta. Dobbiamo davvero guardare oltre le nostre esigenze e capire che la vita ha bisogno di riappropriarsi della semplicità. Una purezza che, se sappiamo vederla, è scritta nella Sorgente, tra le increspature del Crèmera, si ripete a Veio tra le tombe etrusche, e sul Tevere dove, vi assicuro, l’ambiente cambia irrimediabilmente e perde di magia.
È molto chiaro il messaggio della Natura, basta camminarci dentro e aprire il cuore per vederlo.
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.