La Misericordia di San Michele Arcangelo emergeva dall’intonaco, prima a tasselli, poi come una tavolozza, c’è voluto molto lavoro prima che Formello potesse riaverla
Da un gruppo di tasselli solitari
La Misericordia di San Michele Arcangelo, come viene chiamata oggi, era solo una pittura tormentata dai graffi del descialbo. Non c’era connessione in apparenza, tra i segni, i pezzi di colore rinvenuti. Oggi, invece, trova una sua naturale totalità di intenti e di visione.
E’ una Madonna con il mantello aperto, sotto il quale trovano protezione delle donne, degli uomini, il Papa affiancato da un prelato e -sopra tutti-, ad accompagnare la scena, gli Angeli, di cui, all’inizio, si scorgeva pochissimo. Forse un occhio, forse un semi-profilo, forse degli abiti. Erano tanti forse. Ma il cuore ci ha fatto sperare in qualcosa di magnifico.
Questa Madonna, detta anche dei Raccomandati, fa tornare di nuovo al centro il concetto devozionale che già si era intuito nella Madonna con Bambino e anche nella Santa Lucia. Ma qui, più che altrove, è evidente un forte ascendente della Chiesa di San Michele Arcangelo sui fedeli: fungeva da riferimento, sì, religioso ma anche umano.
Oggi anche lo è, o meglio è tornata ad esserlo. Non lo è stata per molto tempo. Ce ne siamo dimenticati. Ma nonostante questo non si sono perse le tracce della nostra storia che, tra l’altro, questi affreschi –in particolare- ci aiutano ad arricchire.
La cura con cui, l’Archeoclub e le archeologhe, stanno portando avanti i lavori di restauro -non solo La Misericordia di San Michele Arcangelo- trova riscontro nella gente che interviene agli incontri e che guarda alle scoperte con altrettanto riguardo.
Ciò significa che c’è urgenza di dare una chance a questo luogo, perché ritorni ad essere ciò che era, e dare anche -a chi oggi la frequenta- la possibilità di ritrovare, contestualmente, un’identità che pure ha diverse lacune.
PER APPROFONDIRE LA STORIA DELLA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO:
La Chiesa Il Cammino dell’Arcangelo
Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.