La newletter avvisava che ci sarebbe stata l’inaugurazione della Catacomba di Monte Stallone ma nulla era trapelato dell’aspetto di questo monumento funerario
Sotto di noi
L’inaugurazione della Catacomba di Monte Stallone si è svolta in mezzo al verde. Di fronte c’è un’enorme campo coltivato, di là, si vede la strada che porta a Le Perazzeta.
Il monumento funerario è al di sotto di Via della Villa, un’area che è stata completamente bonificata per riuscire a riesumarne il valore e il contenuto.
Ormai -sempre più spesso- mi chiedo, chissà quante altre testimonianze rimarranno seppellite sotto i nostri piedi. Cammino su un prato e immagino che, sotto il mio peso, ci siano degli ambienti e che, se si aprisse una voragine, io potrei caderci dentro e vivere, per un momento soltanto, il mistero antico, respirare l’aria che è rimasta ferma.
Consacrazione funeraria
La Catacomba di Monte Stallone è stata trattata con cura, almeno questa è la sensazione che ho avuta entrando.
Non sono rabbrividita, in effetti, e mi capita sempre entrando in un luogo di sepoltura, sono spesso tetri, mi viene facile immaginarci dentro i corpi distesi. Qui, invece, risalta un carattere artistico o, forse, è solo la buona illuminazione a renderlo tale.
Fatto è che sono rimasta a contemplare le stanze per una buona mezz’ora, almeno. I dettagli non sono molti ma ogni loculo, ad esempio, mi incuriosiva e la grata, pure, che contiene i corredi funerari ritrovati, mi muoveva un sentimento di intoccabilità. Ho sfiorato le pareti, uscendo, ho sentito la muffa salirmi nelle narici e per la prima volta ne ho apprezzato la crudezza.
Fuori intanto c’era una messa, a consacrazione del luogo, per fare luce sul nostro passato e riportare alla memoria una piccola comunità cristiana, vissuta nelle nostre valli molto prima di noi. Una specie di passaggio di consegne.
PUOI TROVARE I REPERTI PRESSO: Il Museo dell’Agro-veientano di Palazzo Chigi
Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.