I Sabati della Meraviglia coccolano l’idea della fotografia intesa come fulcro di tanti messaggi, e ritagliano uno spazio dedicato alla Bellezza
Sabato pomeriggio in fotografia
I sabati della Meraviglia sono quattro, il primo ieri, che ha avuto il compito di riportarci indietro nel tempo, a stretto contatto con il Fotografo dei fotografi, Henry Cartier Bresson, e con il Fotografo della Tradizione popolare, Ferdinando Scianna.
Pensati e condotti dal Maestro Marco di Bartolomeo, saranno appuntamenti da non perdere a Formello, presso la Sala Grande di Palazzo Chigi.
Ogni sabato il tema sarà diverso e, per snocciolarlo, Marco ha scelto i rappresentanti che meglio hanno coniugato la fotografia nei diversi ambiti. Quindi si è iniziato con Cartier Bresson e si finirà il 14 Marzo con Rodney Smith. Ma non solo. Per dare ampio respiro al tema, ha deciso di invitare delle spalle a supportare il significato da dare alla Bellezza, all’Arte, alla Poesia, alle Tradizioni, alla Psiche umana.
Ospite Alvaro Vatri
Tutto questo perché, come ha giustamente sottolineato il giornalista e musicista Alvaro Vatri, prima spalla di ieri, il lavoro in evidenza non è estemporaneo ma nasce all’interno di un progetto più ampio. Si colloca, cioè, grazie all’Associazione “Riflessi”, di cui Marco fa parte, in ambito sociale ed è una visione artistica che sposa e affronta argomenti ai margini.
Di questo, Marco, ci parlerà più approfonditamente in una prossima intervista.
“Riflessi” aggiunge il Vatri “vuole mettere una radice, assicurare qualcosa nel tempo, è come un lievito che ha bisogno di crescere per raccontare dei temi urgenti”.
Il tema del 22 Febbraio: Bellezza e Tradizione
“Sono stato convocato nel nome della Bellezza e delle Tradizioni” ci suggerisce il Maestro Vatri, prima di raccontarci cosa significhi per lui la parola “Bellezza”.
La bellezza è trapiantata nella Natura, è nella perfezione che scopriamo ogni giorno, è nel progresso dell’uomo all’interno della Natura. E, grazie all’arte, possiamo arrivare a concepire il senso dell’assoluto. L’uomo, in tutto questo, non è un agente secondario, anzi, l’essenza della bellezza è l’uomo stesso: sta nella sua capacità di cercare la perfezione, con l’idea personale, che ha, di intendere l’assoluto. Pensate alla musica, che è questo straordinario linguaggio universale capace di semplificare le emozioni, non è lì che troviamo bellezza? Perché lì troviamo un’immagine chiara. Lo stesso vale per la fotografia che filtra dei messaggi estremamente condivisi in cui ritrovarsi
I sabati della Meraviglia con Bresson e Scianna
I sabati della Meraviglia hanno avviato questo percorso con Henry Cartier Bresson e, qui di seguito, riporto alcuni passaggi dell’intervento di Marco di Bartolomeo.
Innanzitutto Bresson, fece suo, un concetto straordinario: in un’immagine devono essere racchiusi occhio, mente e cuore del fotografo. Questo per dire che, non basta la vista ma occorre mettere in campo dei valori. Il suo, tra l’altro, era un occhio che indagava ma senza commentare.
Piuttosto, la sua capacità era quella di filtrare scene di vita dolorosa. Si trovò in mezzo alle guerre, in diversi momenti della sua carriera e, a noi, sono arrivate immagini che hanno indagato il periodo ma non hanno raccontato solo quello.
Marco lo definisce, proprio per questa dualità di rappresentazione, un fotografo Zen. Le sue opere, infatti, sono delle composizioni di perfezione e allo stesso tempo di armonia, attraverso le quali ha trovato il modo di esprimere il suo pensiero ma anche il messaggio da veicolare.
Lui, non è stato un semplice fotografo ma un fotogiornalista, le sue non sono fotografie e basta, sono fotografie del mondo in un’epoca in cui l’arte, in sé, veniva rappresentata egregiamente solo dalla pittura e le notizie giravano in radio. La televisione, e quindi le immagini, non avevano ancora potere
Ma perchè, Henry Cartier Bresson, viene considerato il padre dei fotografi?
Col fondare l’Agenzia Magnum, la più grande casa dei fotografi al mondo, ha dato un ruolo ben definito al fotografo, alla stregua del giornalista: ossia un narratore, ma che scrive con la luce.
La Magnum ha regolato la barbarie che, un tempo, si abbatteva sulle fotografie pubblicate, ha cioè introdotto il veto per qualsiasi forma di ritaglio. Il fotografo poté dunque decidere, lui stesso, il margine oltre il quale non si potevano ammettere modifiche differenti dalla sua personale inquadratura.
Lui viaggiava moltissimo. Raccontò la Cina Imperiale, intervistò per ultimo Gandhi e sì trovò in India quando questi venne assassinato. Fu, uno dei pochi fotografi, in grado di muoversi nella cortina di ferro. E a ogni suo scatto, doveva corrispondere un’opera d’arte. Ovvero, ciò che aveva deciso di ritrarre doveva -a parer suo- funzionare da sola, rendere giustizia a quel momento senza il supporto di una sequenza fotografica. E, soprattutto, senza l’utilizzo del flash, perché la luce ambiente era ideale per rendere reali le espressione, e anche i luoghi.
Secondo Bresson, si era fotografi solo se si consumavano paia e paia di scarpe. Di fronte a una scena, o a un soggetto interessante, bisognava girargli intorno, trovare punti di vista diversi e in pochissimo tempo, trovando il ritmo nelle gambe.
Per dare forma ai suoi occhi, mente e cuore utilizzava spesso un 50 mm, un obiettivo che restituisce empatia, una profondità artistica dall’impatto immediato, una vicinanza con la scena.
La Bellezza in Bresson
La Bellezza, in Cartier Bresson, si rintraccia in quella sua -quasi maniacale- ricerca delle geometrie. C’è, in effetti, una perfezione artistica in cui -lui- si immerge, e che riesce a farci vedere, ostentandola. Lo stesso si può dire dei ritratti dei bambini: soggetti -di cui- troviamo nota in molte delle sue fotografie del mondo e che, evidentemente, ama mettere in risalto.
C’è un istante in cui tutti gli elementi che si muovono, sono in equilibrio
diceva Bresson. Dunque un solo momento utile per cogliere la fugacità della vita.
“Questa frase, raccoglie -in un certo senso- l’eredità e l’insegnamento di un grande libro “Lo Zen e il tiro con l’arco”, di Eugen Herrigel” ha aggiunto Marco di Bartolomeo a conclusione della prima parte de I Sabati della Meraviglia.
La frase, di cui Bresson si fa portavoce, è il grido dell’arciere “Un colpo, una vita”. Cioè, nel momento di scoccare la freccia, per andare a risultato, si devono concentrare insieme il tiro, l’arco, la freccia e l’arciere. Tutto mira a uno stesso bersaglio ma, di riflesso, anche al proprio Io, il vero centro dell’equilibrio.
Alla Tradizione di Ferdinando Scianna
Da Henry a Ferdinando lo scenario cambia. Scianna è il fotografo delle Tradizioni, di quell’Italia in cui ancora oggi ritroviamo il nostro paese, i nostri vicini di casa, le nostre vicissitudini locali, politiche, economiche. È il fotografo che meglio sapeva coniugare le intensità dei volti, arcaici, alle situazioni tipiche di un luogo, che profumavano di terra e nostalgia”
Ferdinando Scianna, diversamente da Bresson ebbe un percorso arzigogolato e il suo pensiero pesò tantissimo all’interno delle immagini prodotte.
Crebbe immortalando i suoi compagni di classe, le scene di vita in strada, le storie di intere famiglie riprese nella loro quotidianità e, proprio attraverso questo primo approccio alla fotografia, ci ha permesso di entrare a Bagheria come fossimo dei suoi concittadini, in modo naturale, senza forzature.
Un bagaglio, Bagheria, che ritroveremo molti anni dopo, quando -già affermato- vi ricreerà il set per Dolce e Gabbana, una campagna pubblicitaria, passata alla storia perché stracciò i registri statici della moda e diede, in pasto alle riviste patinate, qualcosa di autentico, mai visto prima.
La Bellezza in Scianna
Scianna non smise mai di dedicarsi al reportage sociale e al fotogiornalismo, come non smise mai di fare ritratti. Lì possiamo trovare tutta quella bellezza che si fonde con le tradizioni e da cui prende spunto per raccontare la sua terra
Un elemento distintivo, questo, che lo contraddistinguerà sempre. Secondo il suo punto di vista, infatti, non vi era disparità tra uno dei suoi primi lavori e uno degli ultimi, così come non vi era tra una fotografia di guerra e una di folklore. Tant’è che, nelle sue mostre, si incrociavano le tante sfere di vita a cui aveva preso parte, sia come professionista che come persona.
“La fotografia era la possibilitá del racconto di una vicenda umana. Questo il mio maestro mi fece capire, e mi introdusse ad una certa maniera di vedere le cose, di leggere, di pensare, di situarsi nei confronti del mondo”
In questo concetto c’è tutto il suo spirito di scoperta e quando parla di maestro, si riferisce a uno scrittore, Leonardo Sciascia, che fu il primo a credere in lui.
INFO:
A corredo della parlata ne I Sabati della Meraviglia, una Mostra Fotografica, nella sala adiacente, permette di approfondire alcune delle fotografie discusse e anticipate nella videoproiezione.
Prossimo incontro de I Sabati della Meraviglia:
29 Febbraio con Gianni Berengo Gardin – Robert Doisneau – Elliot Erwitt
P U O I L E G G E R E A R T I C O L I L E G A T I
A L P A L A Z Z O C H I G I D I F O R M E L L O :
La statua Parlante dell’Agro-veientano
Inaugurazione Palazzo Chigi a Formello
Inaugurazione del Museo dell’Agro-veientano
Inaugurazione II Piano Biblioteca di Formello
È nato il Mansio di Palazzo Chigi
Inaugurazione dell’Ostello della Gioventù a Formello
Scopertura della Targa di Palazzo Chigi
Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.