Le stanze di Fidia
Fidia ai Musei Capitolini di Roma, per il ciclo “I cinque Grandi Maestri della Grecia Antica”, approda con tutta la sua potenza espressiva, il suo ingegno, la sua capacità di stupire, inondarti di bellezza.
Un artista di cui si ha traccia solo grazie alle copie delle opere arrivate a noi e grazie a due artisti italiani, Francesco Petrarca e Antonio Canova.
Per entrare in contatto con questa figura, spesso leggendaria, in mostra sono stati toccati sei grandi temi: il ritratto di Fidia; l’Età di Fidia; il Partenone e la dea Parthenos; Fidia fuori da Atene; l’Eredità di Fidia; e Opus Phidiae: Fidia oltre la fine del mondo antico.
Prima stanza: il ritratto di Fidia ai Musei Capitolini di Roma
Chi era Fidia?
L’elemento cardine di questa domanda affonda le basi sull’evidenza che di Fidia non si custodiscono ritratti e che è anche il motivo per cui lo si considera spesso mitologico al pari degli dèi e dee che scolpiva.
Per fortuna, sono le sue opere a confermarci che è esistito davvero.
Nacque ad Atene intorno al 500 a.C. e visse sessant’anni. Il suo talento era noto per la padronanza che aveva dei materiali, sia marmi che bronzi, e delle tecniche utilizzate, a tutto tondo e bassorilievo.
Già da giovanissimo i suoi interessi per le arti erano ben evidenti, tanto che frequentò la bottega di Polignoto di Taso, dove apprese le tecniche pittoriche, e le botteghe di Egia e Agelada di Argo, dove invece imparò a scolpire il bronzo.
Sono due le opere che meglio lo definiscono: il volto scultoreo di un Fidia adulto, stempiato con la fronte corrugata; e il fondo di una brocchetta -rinvenuta di recente negli scavi di Olimpia- su cui è incisa la frase pheidio eimi: “io appartengo a Fidia”.
L’oggetto di uso quotidiano, appartenuto a un personaggio di tale calibro, è stato un ritrovamento da considerarsi straordinario.
Seconda stanza: L’Età di Fidia
Fidia ai Musei Capitolini di Roma è descritto esattamente per ciò che ha rappresentato nella classicità, ovvero un interprete magistrale del suo tempo e un esimio illuminato.
Formò la scuola degli scultori ateniesi e si lanciò in progetti assolutamente folli come la realizzazione del Partenone e la costruzione di due statue crisoelefantine dalle dimensioni colossali.
Del primissimo periodo di Fidia è la scultura dell’Apollo Parnopios, commissionatagli dalla pubblica amministrazione quale ringraziamento al Dio per aver allontanato un’infestazione tediosa di cavallette.
La bella nudità del Dio della luce cattura subito lo sguardo, al centro della stanza. Originariamente aveva nelle mani un arco con le frecce e un ramoscello di alloro, andati perduti.
Età d’Oro e decadenza
L’Età d’Oro è stata cavalcata da Fidia con poteri quasi soprannaturali.
Siamo nel bel mezzo della fine delle Guerre Persiane, della nascente egemonia marittima di Atene e dei nuovi canoni di democrazia.
E, Pericle -grande stratego e sorvegliante delle opere pubbliche, nonché committente straordinario- consegnò il suo sogno e le chiavi dell’Acropoli nelle mani di Fidia il quale non disattese le aspettative del politico greco.
Nella sala è presente il quadro ottocentesco di Gaspare Landi, che raffigura Pericle insieme alla compagna, Aspasia, mentre ammirano una delle metope del Partenone.
Il potere di Fidia finì quando Pericle morì di peste e, quasi immediatamente, gli oppositori gli mossero l’accusa di essersi impossessato impropriamente degli ori e avori che erano stati portati ad Atene per la costruzione della statua di Athena Parthenos. E, infine, anche di essersi raffigurato, sia lui che Pericle, sullo scudo della dea, il cosiddetto Scudo Strangford.
Un atto considerato “immorale”.
Terza stanza: il Partenone e la Dea Parthenos
Ciò che è straordinario della mostra su Fidia ai Musei Capitolini di Roma è l’esposizione congiunta di più opere provenienti da tanti musei diversi.
Il Partenone e le 92 metope
Un elemento sovrano, certamente, lo occupa il Partenone, una delle opere più incredibili dell’artista.
Il Partenone è un’immagine iconica della Grecia, di Atene, di Fidia e Pericle.
La particolare “perfezione” architettonica che ha reso celebre questo monumento non è altri che un trucchetto: se, infatti, ad occhio nudo il Partenone è il simbolo estremo di equilibrio architettonico, nella realtà ci si rende conto che sono stati degli impercettibili “aggiusti” -operati sulle colonne- a renderlo tale.
Fidia mise mano a questo capolavoro assoluto e poi lo decorò.
Le 92 metope che coprivano i 160 metri di superficie sono il suo cavallo di battaglia. Queste piastrelle scultoree vennero realizzate dall’artista eseguendo una tecnica di sua invenzione, il panneggio bagnato.
Ciò che resta delle metope ci racconta tutt’oggi le battaglie dell’epoca: dalla Gigantomachia alla Centauromachia, dall’Invasione di Atene da parte delle Amazzoni alla Guerra dei greci contro i troiani.
La maggior parte di queste si trova nel Nuovo Museo dell’Acropoli mentre quelle trafugate da Lord Elgin, note appunto come “Marmi di Elgin“, si trovano al British Museum di Londra, e sono al centro -ormai da anni- di un’accesa diatriba tra Grecia e Inghilterra, che ne rivendicano entrambe la paternità.
Le statue dell’Acropoli realizzate da Fidia
Il Partenone, che è la punta di diamante dell’Acropoli di Atene, non è certamente l’unica opera realizzata da Fidia ad aver riscosso tante attenzioni.
Ci sono tre statue di Atena che vegliavano sul Monte Pentelico:
- l’Athena Parthènos, cioè la Vergine. Una statua colossale, alta 12 metri, crisoelefantina (metà avorio e metà bronzo), posta nel naòs del Partenone;
- l’Athena Promachos, cioè la guerriera. Una figura in bronzo collocata tra i Propilei e il Partenone;
- l’Athena Lemnia, ovvero “La Bella”. Eretta su un piedistallo, all’aperto, era considerata l’opera più bella dello scultore, il quale per stessa ammissione -tanto gli piaceva- vi incise il proprio nome.
Athena Lemnia, riproduzione in gesso bronzato
Quarta stanza: Fidia fuori da Atene
Tra le committenze fuori Atene una incuriosisce, l’altra strabilia.
Sicuramente la “riunione” delle Amazzoni esposte nella Mostra su Fidia ai Musei Capitolini di Roma incuriosisce, questo perché l’Amazzone Ferita, con cui Fidia partecipò al concorso di Efeso, indetto nel 35 a.C., non vinse.
Vinse invece l’Amazzone Ferita di Policleto, al centro della stanza, che aveva una posa più naturale, mentre Fidia le aveva conferito una strana torsione del braccio, dietro la testa. Oggi, probabilmente, il risultato del concorso sarebbe diverso.
Ciò che invece strabilia, anzi, strabiliava, era la Statua crisoelefantina di Zeus, commissionata per il Tempio di Olimpia e indicata dallo scrittore Pausania il Periegeta come una delle sette meraviglie del Mondo Antico.
Una statua di cui non vi sono riproduzioni in miniatura ma poche tracce straordinarie:
- un disegno di Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, archeologo e architetto, il quale seguì appunto la descrizione lasciata da Pausania sul Descriptio Greciae (il trattato geo-storiografico del II secolo d.C.);
- Alcune monete;
- e una maschera in bronzo custodita nel Museo Kunsthistorisches di Vienna.
Quinta stanza: L’eredità di Fidia ai Musei Capitolini di Roma
Fidia ha avuto un impatto incredibile sulla Roma Imperiale, lasciandole in eredità pezzi di inestimabile valore.
I Musei Capitolini, in occasione della mostra su Fidia, raccolgono opere provenienti da Atene, Copenaghen, New York, Parigi, Berlino, Vienna, oltre che da Roma stessa, e ricalcano le orme dell’artista per narrarne l’evoluzione nella storia. Pezzi che non hanno mai lasciato il loro museo di destinazione.
Sono prestiti straordinari, dunque, che collaborano insieme per ricreare il grande flusso di idee di quel tempo.
E non solo rivendicano le doti architettoniche e scultoree dell’autore ma anche la visione assolutamente travolgente di un committente visionario, Pericle.
Rilievo con Amazzomachia rinvenuto nel Porto del Pireo
Sesta stanza: Opus Phidiae, Fidia oltre la fine del mondo antico
Fidia, come già accennato, non è preceduto da un ritratto preciso e, per molti secoli, di lui si persero le tracce.
Il Dioscuro di Fidia
Si inizia a parlare di lui nel 1337 quando lo scrittore, poeta e filosofo, Francesco Petrarca, durante il suo soggiorno a Roma non notò il nome di Fidia e Prassitele inciso sul basamento del gruppo di dioscuri ubicato sul colle del Quirinale.
Nomi che, fino a quel momento, erano stati attribuiti a due filosofi impegnati nel predire il futuro all’imperatore Tiberio.
Petrarca mise in relazione i due nomi con gli artisti esaltati nella Naturalis Historia di Plinio, un’opera enciclopedica sulle scienze naturali con una digressione sull’arte antica. E, ecco che Fidia riemerse dall’oblio una prima volta.
Fidia e Canova: quei Marmi di Elgin che furono fatali
L’altra opportunità di riscoprirlo e soprattutto di restituirgli l’appellativo che meritava, quello di padre della cultura classica, arrivò da un altro italiano: Antonio Canova, lo scultore neoclassico che venne ribattezzato “il Fidia italiano”.
Il Canova, che era stato interpellato per il restauro delle metope del Partenone, trafugate dal conte Elgin, trovandosi di fronte a tanta meraviglia, era il 1815, le giudicò “pezzi di paradiso” che non avevano bisogno di alcun restauro, nonostante i danneggiamenti riportati. E che la mano e/o la mente che le aveva realizzate era da attribuirsi a un artista di grande levatura, la più alta mai vista, l’opera di un illuminato che aveva trasformato la materia fino a renderla perfetta.
Fu così che, dei pezzi considerati semplici sculture greche, acquisirono un valore inestimabile e con essi il nome dell’uomo che le aveva realizzate: un certo Fidia.
Per omaggiare Canova, i Musei Capitolini hanno messo al centro della sesta stanza il gruppo scultoreo di Giovanni Ceccarini “Antonio Canova sedente nell’atto di abbracciare l’erma fidiaca di Giove”, una bella celebrazione di questo rapporto arco-temporale avvenuto solo per concetto.
Fidia ai Musei Capitolini di Roma fino al 5 Maggio 2024
La scultura quando è bella commuove, ma anche quando ha una storia di millenni sulla superficie fa battere il cuore.
La mostra dedicata a Fidia ai Musei Capitolini di Roma è un unicum, un grande baule di quelli pieni di tesori, una scatola cinese dentro cui non si finisce mai di trovare segreti e sorprese.
Camminare tra le sculture di Fidia che fanno capo a un solo artista e che hanno trovato diverse collocazioni nel mondo è un privilegio. Tutto ciò che resta e che è stato trasformato nei contenuti, nel valore, nella forma è lì, davanti agli occhi, ed ha una luce speciale e il potere di ricondurci nella bottega di un artigiano, tra i disegni dell’artista, tra le mani dei suoi allievi.
Che perfezione Dio!
Non mancate di visitarla.
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.