A Sacrofano un affresco conteso tra la Famiglia Orsini e la Famiglia Chigi, chi lo avrà mai commissionato e chi è l’autore dell’opera? Non ti resta che leggere
A Sacrofano un affresco estremamente interessante è custodito nell’abside della chiesa di San Giovanni Battista, un elemento che porta con sé mille storie e di cui non si sa praticamente nulla.
Senza carta d’identità
Com’è datare un’opera quando non si hanno cartigli lasciati da qualcuno, bolle di pagamento, appigli storici a cui aggrapparsi?
Ce lo ha spiegato la restauratrice che si è occupata dell’affresco per conto del Recro s.r.l., Alessia Felici. Non avere uno stralcio di documento su cui poggiare anche solo delle ipotesi è logorante. Invece intorno all’affresco c’è sete di sapere, quindi ogni elemento che emerge, anche piccolino, accende un faro.
La stessa luce che ho vista appena mi sono seduta tra i banchi della chiesa, e che era nelle parole della restauratrice -il cui racconto appassionato mi ha toccato il cuore-.
Bisogna dire che un conto è guardare con i propri occhi a un’opera d’arte, che pure è un elemento importante perché l’emozione ci arriva addosso per ciò che ci comunica; e un conto è lasciarsi trascinare nella sua storia, conoscerne i risvolti e i segreti. A questo punto la bella storia diventa un documento storico tra le nostre mani.
A Sacrofano un affresco tutto nero
Si apre un teatro, soprattutto quando chi narra è molto bravo, è brillante, entra di pancia nel dipinto e te lo spiega come se ci stesse camminando dentro.
Alessia Felici mi ha fatto viaggiare pur stando seduta. Sono volata lassù tra quelle nuvole leggere, dentro una composizione elegante, e in cui si sta svolgendo una conversazione sacra, fluida, l’Ascensione della Vergine Maria.
È bellissimo.
Il cielo per metà ha una tenuta che somiglia all’oro e rappresenta la vicinanza con il Divino; per l’altra metà rispetta il celeste classico, prossimo alla terra. Il brio e la vivacità della scena si allargano come i colori su una tavolozza, densi, fluttuanti.
Ma ora chiudi gli occhi e pensalo tutto nero, come se una coltre di grasso lo avesse aggredito. È così che lo hanno preso in carico le restauratrici. Nero, fuligginoso, senza più vita.
Il lavoro di restauro
Dopo i saggi effettuati sulla parete si è provveduto a rimuovere i cosiddetti “beveroni”.
I beveroni sono delle vernici trasparenti, degli olii-resina naturali che si utilizzavano per ridare smalto e tono ai colori. E su questo affresco ve ne erano depositati strati su strati. Le restauratrici della RECRO hanno agito facendo quelle che in linguaggio tecnico vengono chiamate “compresse”. Cioè una pasta di sali che, posta sulla superficie da trattare ha agito, appunto, sugli accumuli pregressi.
Con acqua e bisturi, su questo affresco, si è svolto un lavoro certosino, molto profondo, che è andato a rimettere mano anche alle ferite causate dai terremoti.
C’è stato un importante intervento di cura che ha guarito l’Abside. Almeno la parte superiore. Quella inferiore, che ha addirittura una datazione antecedente l’affresco, subirà sicuramente una trasformazione non appena ne sarà consentita la descialbatura e il restauro.
Indagini sull’Assunzione di Sacrofano
Nonostante il dipinto dell’Assunzione fosse diventato molto scuro, sotto la spessa coltre di beveroni, le restauratrici hanno comunque ritrovato una raffigurazione integra. Nel senso che non c’erano parti mancanti.
Riportato alla luce ha rivelato che le maestranze, peraltro di qualità, provenivano come lignaggio dal barocco romano, e che non avevano nulla da invidiare a quest’ultimo.
Tuttavia resta ignoto il nome, o i nomi, di tali artisti, così come resta sconosciuta la committenza e l’anno in cui è stato dipinto: in pratica, tutti i dati che di solito viaggiano con un’opera.
Tra le Famiglie Orsini e Chigi spunta il rosso cinabro
Intorno a Sacrofano hanno ruotato solo due famiglie che avrebbero potuto commissionare un affresco di questo tipo: gli Orsini fino al 1661 e i Chigi subito dopo.
Un ago della bilancia lo potrebbe rappresentare quel colore rosso dell’abito cardinalizio, in cui ritroviamo la figura di San Carlo Borromeo. L’xrf, cioè l’esame che utilizza emissioni luce per capire la composizione chimica dei colori, ha rilevato la presenza del pigmento rosso cinabro di cui si parla per la prima volta verso la fine del 600. Certamente, il fatto che non se ne trovi alcuna testimonianza antecedente non dimostra che non lo si utilizzasse, dunque questo ago della bilancia non pesa così tanto da spostare la committenza dall’una all’altra famiglia.
L’affresco e i protagonisti
Torniamo alla rappresentazione. Chi c’è nell’affresco? Perché sono stati dipinti proprio questi Santi? Oltre al Cardinale San Carlo Borromeo, seduto di fianco a lui, troviamo San Liborio che nello stendere la mano mostra come dei sassolini.
Essendo un Santo taumaturgo, protettore dei malati di calcolosi renale, si potrebbe supporre, che la sua presenza sia un atto devozionale.
Sopra di loro, c’è la figura di San Giovanni Battista, da cui la chiesa prende il nome.
A destra della scena, invece, incontriamo un cane a catena, mansueto, con lo sguardo umano che subito attrae. Il Santo con lui è San Vito, un altro taumaturgo, invocato dai contadini per gli stati febbrili.
Due elementi fanno pensare si tratti proprio di San Vito: il cane a catena, perché egli fu il santo che ammansì i cani che stavano sbranando il figlio di Diocleziano; e la palma, tenuta in mano, di fianco a lui, da un angelo.
Punti interrogativi nella storia dell’Assunzione
Seduto accanto, un personaggio con le braccia rivolte verso di noi. Un angelo, sostiene per suo conto, un pastorale. Si tratta forse di un Abbate? Ora, qui rientrerebbero in scena gli Orsini, i quali possedendo l’Abbazia di Farfa avrebbero potuto e voluto includere nella conversazione sacra anche un abbate. Ma l’ipotesi per il momento resta solo un’ipotesi.
Infine c’è il patrono di Sacrofano, San Biagio, con il copricapo levato e le braccia rivolte alla Vergine Maria, in segno di grazia, come se le stesse chiedendo qualcosa di davvero urgente, vitale.
È molto difficile, senza tante informazioni, comprendere cosa si stiano dicendo, qual è la conversazione in atto. Tuttavia, qui può subentrare l’aspetto puramente comunicativo dell’opera e anche la sensibilità personale.
Il soffitto azzurro scomparso
L’immagine centrale la occupa la Vergine Maria con una nuvola di angeli. Ma lei non si fa protagonista assoluta, sposta l’attenzione davanti a sé, o in alto. Anche se la scena sembra finire lì. L’abside, in realtà, finisce lì. Improvvisamente però, alzando lo sguardo verso il soffitto, si percepisce appena una raggiera.
Cosa succede dunque nell’affresco: la Vergine raccoglie il gran vociare dei suoi compagni di scena e li demanda alla colomba dello Spirito Santo, che un tempo campeggiava sul soffitto, peraltro completamente azzurro.
Tutto questo non c’è più ma resta impresso questo splendido legame tra Abside e soffitto.
Nella Chiesa di San Giovanni Battista a Sacrofano spuntano i piccioni
La restauratrice, Alessia Felici, per darci un quadro della situazione più ampio possibile ci ha parlato anche di una bonifica che ha riportato alla luce un fatto sorprendente.
Il soffitto, o meglio il controsoffitto mostrava un’imbarcatura, come dovuta ad umidità. Quindi tutti i tecnici sono saliti in cima per verificarne lo stato. Tra il soffitto e il controsoffitto hanno trovato una situazione raccapricciante: tanto, tantissimo guano di piccione, mescolato a calcinacci e altri oggetti irriconoscibili, aveva deformato l’ambiente .
In fondo, una finestra a forma di ovulo, rimasta aperta per chissà quanti anni, aveva permesso ai molti piccioni di creare lì il proprio nido, e quindi anche di deturparlo.
La bonifica, non essendo il controsoffitto calpestabile, è avvenuta in seguito al pre-intervento di un’impresa che lavora in fune. Tirate le passerelle, sostituite le cravatte e i tiranti, messe in sicurezza le funi, è potuto entrare il Consorzio Recro che ha liberato il controsoffitto dei ben 700 kg di guano di piccione spalmati sopra.
Nuove scoperte
Questa bonifica ha portato ad una scoperta. La squadra entrata in fune ha trovato subito, sulla parete dove troneggia la finestra a ovulo, un ulteriore dipinto. Si vede una ghirlanda di fiori e frutti che ricorda la loggia della Farnesina e di qua e di la, due angeli che tirano un drappo centrale. Uno dei due angeli non si vede più ma la scena lascia intuire un gioco tra loro di questo tipo.
La cosa interessante è che se togliamo il controsoffitto, quasi sicuramente, sulla parete che incornicia l’abside ritroviamo la prosecuzione di questo dipinto. Un elemento che apre altri scenari e possibili storie misteriose.
È certo che il dipinto, e quindi l’intera parete, siano antecedenti all’affresco superiore dell’abside ma sposano, invece, per periodo, stile e cromie la parte bassa, dove due tasselli aperti per effettuare un saggio ne dimostrano le similitudini.
L’affresco di Sacrofano è un’opera complicata
L’ultimo elemento, che mi sono tenuta appositamente per chiudere in bellezza, riguarda gli artisti che hanno lavorato all’Assunzione della Vergine Maria.
La Felici ha spiegato che si tratta di un affresco puro, di difficile realizzazione perché richiama ad una tecnica in voga nelle botteghe e che oggi nessun artista riuscirebbe più a realizzare.
Si tratta di questo: per dipingere un affresco si applicava una porzione di intonaco che veniva lavorato in giornata. Dall’analisi effettuata risultano ben 20 porzioni di intonaco che lascerebbero intendere sia stato completato in 20 giorni.
L’intonaco -in questo caso sono stati utilizzati materiali locali, la sabbia tufacea e la pozzolana- una volta distribuito seccava nel giro di pochissimo tempo. Quindi l’artista doveva essere davvero molto capace, avere il progetto da trasporre ben organizzato e saper utilizzare i colori minerari, le terre e le argille, il nero d’avorio, il bianco San Giovanni, il lapislazzulo.
Colore-non Colore
Dobbiamo pensare che il colore utilizzato per gli affreschi non era affatto colorato, anzi, si presentava in veste di grigietto anonimo, e non c’era differenza tra un colore e l’altro.
Quindi, l’artista, creava i colori e le sfumature pur non vedendoli. Ma a differenza nostra, che avremmo visto solo il grigetto, sapeva fare il suo mestiere.
Il grigietto diventava colore solo una volta seccato, quindi emergeva ai comuni mortali a lavoro terminato. Capirai bene che era come dipingere ad occhi chiusi e senza possibilità minima di errore.
Un mistero svelato
Ora, la sorpresa è che l’Assunzione della Vergine Maria nella chiesa di San Giovanni Battista a Sacrofano è stata completata in 7 giorni e non in 20.
Questo lo sappiamo con precisione perché le mani che hanno operato sul muro sono quelle di 3 artisti e non di uno soltanto. E sappiamo anche che sono partiti contemporaneamente da tre punti diversi dell’abside: dalle teste di San Liborio, della Madonna e di San Biagio, e via via hanno aggiunto e completato tutte le porzioni di intonaco.
Bella storia vero? Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere ma mi fermo qui.
Quello che posso suggerirti è di visitare la Chiesa e godere di questo enigma al quale -speriamo- qualcuno, prima o poi, spulciando negli archivi storici, darà una data, un committente, e soprattutto arriverà a stabilire il nome degli artisti.
Un ringraziamento speciale ad Alessia Felici per avermi fatto salire tra le nuvole di questo affresco.
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.enti per far aderire l’intonaco staccato.
Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.