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I tredici chilometri fino all’Holdermühle

di Emanuela Gizzi
Mulino a vento sul Tauber PhotoCredit Emanuela Gizzi Mapping Lucia

È una birreria particolare l’Holdermühle. Strano ma vero se non si digita la parola così come è scritta è difficile trovarla, persino su google

Nella Valle del Tauber

L’Holdermühle non è tra i dieci beergarten consigliati da tripadvisor né tra quelli suggeriti dai blogger di viaggio. Eppure, è un luogo famosissimo tra i tedeschi. Imperdibile, direi, ma introvabile.

Ero sulla strada che da Rothenburg ob der Tauber porta a Creglingen, in Baviera, e guidavo con un puntino nella testa.

Holdermühle. Holdermühle.  Mi rimbombava dentro, non riuscivo a passare lungo quel confine e a non pensarci. Avevo letto qualcosa di questa Gasthaus ma non c’era un’indicazione, non c’era nessuna informazione utile che mi potesse portare fino al Mulino. Sì, esatto, un mulino. Una struttura molto antica a cui era stata data una seconda vita.

Sapevo solo che si trovava tra due Stati e che, essendo un mulino a vento, doveva trovarsi lungo le rive del Tauber, il fiume che dà il nome alla valle del Müller-Thurgau.

Casali sul fiumeTauber PhotoCreditEmanuela Gizzi 1 Mapping Lucia

Guidai per un po’ lungo la vallata che era un susseguirsi di vigneti e casali e, a un tratto, un mulino -in particolare- catturò la mia attenzione: sarebbe potuto essere tranquillamente un dipinto nato dalla mano delicata di un pittore. C’era una tale sensibilità di luce, come miele, che scendeva irraggiandolo da sembrare un miraggio.

Ma non era il mio mulino

Continuai sulla strada principale senza sapere bene dove questa mi avrebbe portata. Non un cartello con su scritto Holdermühle.

Ma, se vi troverete un giorno a passare di lì, un modo per trovarlo esiste. Una guida lo ubicava a tredici chilometri da Rothenburg.

Quindi ecco il mio consiglio: bisogna calcolare 13 chilometri da Rothenburg ob der Tauber, la città del Natale, e fermarsi in mezzo a quello che sembra un’apparente nulla. C’è prato selvatico a destra e sinistra, una campagna senza sé senza ma.

Al tredicesimo chilometro mi sono fermata.  Piantata in mezzo alla carreggiata. Mi sono voltata a destra poi a sinistra, interdetta se ridere o piangere. Sono andata poco più avanti, prima a passo lento poi più veloce. Poi ho detto alla mia amica, con la quale stavo condividendo questa fantastica esperienza, che c’eravamo perse.

“Ma lo troveremo” aggiunsi “Dobbiamo trovarlo”.

E qualcosa cambiò

Ma poi perché avremmo dovuto trovarlo non lo so dire. Mi ero intestardita. Lei si era intestardita. E, mentre pensavo alla follia che ci aveva spinte a seguire l’istinto, mi è venuto agli occhi quello stradino bianco sulla sinistra -poco prima del tredicesimo chilometro-

E lei, deve aver pensato la stessa cosa, perché ci siamo guardate con gli occhi fiduciosi e sbalorditi.

“Cavolo, quindi era facile” ho pensato mentre facevo un’inversione a U, euforica.

Niente più che un pisciarello polveroso, avrebbe detto mia nonna. Uno di quei sentieri che non hanno un senso, fino a quando non glielo trovi.

E quello, ne aveva di senso. Cento metri più avanti il Mulino a vento si materializzò.

Eravamo state brave in fondo. Non era una meta turistica, lo avevamo capito sin da subito. C’erano molti ciclisti che transitavano lungo il Tauber e proseguivano per Passau fino alla Ciclabile del Danubio.

Come era accaduto per tutto il viaggio in Baviera capitammo per l’ennesima volta in uno di quei luoghi prettamente tedeschi, frequentato da gente locale, fuori da ogni mappa, sia turistica che stradale.

Quello, credo, sia stato il giorno in cui la mia curiosità rasentò l’inimmaginabile: non avrei mollato fino a quando non ci fossi entrata con tutte le scarpe.

Il motivo per cui rincorsi l’Holdermühle?

Ci entrai nella birreria, finalmente. E fui contentissima. Mi trovai in questa enorme sala, da una parte i tavoli avevano delle tovagliette blu e bianche, dall’altra giallo e nero, e in entrambi comparivano degli stemmi. Al centro una trave riproduceva una linea di confine.

Quello era il motivo per cui ero voluta andarci. Mi appassionai molto quando lessi di un vecchio mulino, a cavallo tra lo stato della Baviera e del Baden-Württemberg, in cui si potevano ordinare due diversi menù, le birre tipiche dell’una e dell’altra casata, mangiare su un confine che non ha barriere.

Mastro Holdermuhle PhotoCredit emanuela gizzi Mapping Lucia70

Era un posto speciale, pensato evidentemente da qualcuno di speciale.

Ci venne incontro un uomo-monumento, il vocione degno della sua stazza, le guance gonfie e rubizze, la barba poco curata e un paio di straccali che sembrava volessero contenere la sua robustezza. Rimanemmo sotto il suo sguardo a fissarlo dal basso verso l’alto.

“Hallo” riuscii a dire e lui fece un gesto, come per farci accomodare. Parlava tedesco, ovvio, ma masticava un pochino di inglese.

Provai a spiegargli che lo avevamo cercato fino a perderci e che mi sentivo fiera di averlo cercato. Volevo che lui sapesse questo fatto: era un modo per fargli i complimenti, ma non so se comprese pienamente.

Quel piacevole pomeriggio all’Holdermühle

E comunque, nonostante ci fossimo dannate per pranzare su questa immaginaria Greenwich, alla fine non ci siamo sedute in sala. Siamo rimaste davanti ai due stemmi, indecise in quale stato sederci, ci sembrava di fare un torto o all’uno o all’altro, così, approfittando del sole e dei tavolini, fuori, ci sedemmo in una zona neutra. Ma in fondo non abbiamo mai saputo se era Baviera o Baden.

Sentivamo scorrere l’acqua e c’era un passaggio di motociclisti, soprattutto, con i quali riuscimmo persino a conversare perché venivano dall’Inghilterra, dalla Danimarca.

I tavoli erano di tutti, chi arrivava si sedeva, anche se erano occupati. Nel nostro si alternarono prima una coppia, che veniva in bicicletta da Monaco, poi un motociclista solitario di Vienna e poi, per finire, sulla sedia vuota si acciambellò un gattone dal pelo lungo.

In quel viavai mi sarebbe piaciuto conoscere la storia di ognuno, intervistarli, sapere da dove venivano, dove erano diretti, ma soprattutto se avevano trovato dei posti da cui era stato difficile staccarsi.

Io gli dissi che quella sedia su cui ero seduta sarebbe stata uno dei miei luoghi del cuore, per sempre. E aggiunsi “Sono troppo pigra per pedalare”.

Risero divertiti.

“AHHHH, ggoood!” cantilenarono in quella cadenza tipica degli anglosassoni, quando necessitano di aggiungere un suono, spropositato, alla conversazione.

Holdermuhle PhotoCredit Emanuela Gizzi Mapping Lucia

D’altronde, di fronte a noi due, cosa altro avrebbero potuto esclamare? Eravamo fantastiche, io mi sentivo caparbia come se avessi potuto raggiungere qualsiasi meta in quel momento. E mi sentivo ispirata solo per essere riuscita a trovare un posto contando i chilometri! La mia amica, idem, era l’unica al mondo con cui avrei potuto fare una cosa del genere.

Siamo rimaste tanto sedute lì fuori. Abbiamo visto scorrere la gente sul fiume.

Sarà che, quando mi sento appartenere ad un luogo, da lì non scappo mai, non mi prende mai il pensiero di fuggire, piuttosto ho l’ansia di assorbire tutto, di mangiare tutto, di mordere le giornate con veracità, di appassionarmi alle storie che incontro, agli occhi che mi osservano. Tutto quanto dia respiro alla bellezza.

Ah, l’Holdermühle!

Puoi leggere anche Cabo da Roca un’altro dei miei luoghi del cuore

Emanuela Gizzi Fotografa ideatrice di Mapping Lucia

Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.

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2 commenti

carla sebastiani 2 Ottobre 2019 - 22:19

grazie, ho visto e letto cose che non conoscevo, brava . Ma non ho ancora letto tutto, un pochino per sera

Rispondi
Emanuela Gizzi 16 Febbraio 2020 - 18:48

Carla grazie. Scusami il ritardo nel risponderti, mi erano sfuggiti i commenti.
E’ un piacere raccontare di luoghi che hanno un’anima speciale e poterli condividere.
Un giorno se ci capiterai mi racconterai le tue sensazioni

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