L’inaugurazione del Museo dell’Agro-veientano è stato l’evento più importante per Formello: la destinazione finale -attesissima- dei reperti rinvenuti nel nostro territorio
Il Piano Museale tanto atteso
L’inaugurazione del Museo dell’Agro Veientano si è aperta con tutte le luci puntate sul Portone di Palazzo Chigi. Io ero dietro, a scorgervi dalla piccola fessura rimasta aperta. Vedevo una Piazza San Lorenzo affollata, e non c’erano solo i miei concittadini ma anche tantissime persone venute da ogni dove.
Il Cortile e poi la Sala Grande, il Mansio e la Biblioteca, la Stanza degli Uccellini e l’Ostello erano tutti in attesa di portare a compimento un lavoro che è in piedi dal 1992. Quando, ventiquattro anni fa, vennero mossi i primi passi e si riuscirono a mettere insieme i primi reperti rinvenuti nelle terre dell’Agro fino al XV Municipio.
Oggi la sala del Museo ospita ben oltre quei primi ritrovamenti. L’elemento di maggiore spicco è la famosa Collana d’oro di Monte Michele, che finalmente ha trovato un posto d’onore in mezzo a tanti tesori.
La stanza con la capanna restituisce un’aspetto astruso al museo e, forse, è ciò che si voleva ottenere. Un luogo che ci riporti indietro nel tempo. Tuttavia si ha l’impressione di entrare in un piccolo nucleo abitativo ma un po troppo grande per lo spazio a disposizione. Il contenuto delle teche a questo punto è mera cosa.
Statue Parlanti
La stanza centrale invece, che riproduce fedelmente l’ingresso della Tomba Campana, ha un che di affascinante.
Qualche tempo fa, quando i lavori erano in corso e le teche erano ancora cellophanate, sono entrata per un piccolo sopralluogo e mi sono ritrovata davanti la Testa di Sfinge. La stessa che tantissimi anni prima avevo vista all’ingresso della Tomba Campana. Oggi, durante l’inaugurazione del Museo dell’Agro-veientano, è stato come ricucire tre ricordi legati a tre momenti diversi.
Ciò che veramente mi è piaciuto è l’allestimento teatrale della prima sala, quella delle Statue Parlanti.
Una fila di teste di terracotta -esposte su delle mensoline e illuminate ognuna da una luce al neon- godono di un sistema vocale, atto a fornire una sorta di racconto personale. Quando la luce illumina il volto, questo si presenta e racconta la sua storia. L’interazione multimediale lascia stabilire un contatto surreale con un’altra epoca, un altro costume.
E credo che il Museo dell’Agro-veientano sia stato creato proprio come un organismo vivo, in grado di attrarre anche dopo la prima visita o la seconda. In grado cioè, di rigenerare interesse grazie a contenuti aggiornati e avanzati. Tra le altre cose può ospitare anche mostre temporanee, dispone di un QRcode scaricabile da ogni pannello e di una versione MOVIO, pensata per rendere virtuali eventuali – future- mostre.
Io sono stata su due fronti ieri, divisa tra l’inaugurazione del Museo dell’Agro-veientano e la mia mostra Vi ho rubato il Crèmera @30.5, in corso dentro Sala Orsini. Ho beneficiato non poco di questa concomitanza, il grande flusso di gente veniva da ogni parte del Lazio e dell’Italia, sono stata onorata di ospitare e condividere un così bel momento.
Un vero attesissimo successo.
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.