L’Inaugurazione di Palazzo Chigi a Formello è un vero e proprio spunto per riflettere sulla nostra storia, sulla parola comunità e anche sulle tante possibilità
Il Palazzo Chigi di Formello è stato come un fortino in questi lunghi anni. Ha difeso sé stesso dal mondo esterno. Nel corso della sua storia -dal quattrocento ad oggi- è stato molte cose, una residenza borghese, una scuola elementare, un laboratorio di taglio e cucito. Poi l’oscurità. Poi la pigrizia. La polvere se n’è impossessata, lo ha tenuto lì sotto, incustodito, chiuso ne l’anonimato
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Una nuova storia
Quelli della mia generazione non l’avevano mai visto. Forse solo dalle fotografie, custodite da chi ha avuto la pazienza di non mandare persi i ricordi visivi. E allora ecco che dal bianco e nero oggi riemerge il colore. Il portone si è aperto, i passi delle persone, soprattutto degli anziani, si sono lasciati trasportare dai ricordi e dalla curiosità. L’inaugurazione di Palazzo Chigi a Formello è stata indubbiamente l’inizio di qualcosa di ancora non ben definito.
Entrando mi sono sentita parte di questo flou, ho guardato per la prima volta un pezzo della nostra storia che non avevo mai conosciuto. Fino a quel momento, per me, era solo una facciata grigia. Una porta rotta. Una finestra senza vetri. Ero convinta che, salendo la scalinata e oltrepassando quel portone, mi sarei ritrovata nel nulla, tra calcinacci e altri grigi pensieri.
Dalla borghesia al popolo
Comunioni, Cresime, matrimoni si sono svolti nella chiesa di fianco e, quando ci penso, so di certo di non averlo mai considerato, non immaginavo nemmeno lontanamente l’effetto che mi avrebbe fatto un giorno, valicandone la soglia.
E poi eccoci, tutti lì fuori. Io in realtà ero dentro, a fare qualche scatto. È stato fantastico vedervi stretti-stretti intorno al nostro piccolo gioiello. Guardare lo stupore che vi cresceva negli occhi mentre salivate gli scaloni, godermi la storia, l’evoluzione di un posto.
Gli Orsini lo hanno costruito, i Chigi lo hanno fatto diventare la loro residenza ma, pare che sia nostro il compito di abitarlo, dargli una prospettiva futura.
Il Cortile è qualcosa che sorprende: alcune foto antiche -viste in una mostra- raccontavano di anfore, fiori, frammenti di vita delle famiglie che ci hanno preceduti ma, quell’atmosfera naïf di chiari e scuri ovviamente non c’è, non può esserci.
Il Polo della cultura
Nonostante ciò lo stile rinascimentale sembra intatto, ha una sua regalità ma è anche semplice, dalle linee pulite, i colori tenui. Chi vi ha messo mano ha pensato a un Polo Multiculturale e quindi c’è una Biblioteca e, intorno al cortile, appaiono dei pezzi marmorei ritrovati nelle campagne formellesi; in una nicchia ha trovato posto il Priapo che un tempo -insieme all’altro monumento simbolo del nostro paese, il Maripara- risiedeva in piazza Donato Palmieri, prima dell’arco, esposto alle intemperie e ai dispetti.
Entrando nelle sale dedicate al Museo dell’Agro-veientano, che fino a qualche anno fa si trovava costipato in una stanzetta sotto il Comune, si nota subito di quanto valore aggiunto abbiamo, di quanto, se valorizzato, acquisisca una luce propria, libera di concedersi a tutti. E così, nell’ammirare il rilievo del Mitra che uccide il Toro, non si fa fatica a vederne i dettagli, rimanerne soggiogati, soprattutto quando la guida spiega che ci era stato sottratto da trafugatóri di opere d’arte e recuperato in extremis dalla guardia di finanza, ci si affeziona alla loro storia che è anche la nostra.
Inoltre al centro del cortile è rimasto il Vecchio Pozzo che, si dice, fosse collegato -con un passaggio segreto- alla Versaglia (la residenza estiva dei Chigi, ubicata un chilometro fuori dal centro storico).
Il primo piano di Palazzo Chigi
Al primo piano è stata allestita una sala chiamata Ward-Perkins che guarda all’archeologia, raccoglie reperti etruschi arrivati dalle nostre campagne, ce li spiega ma soprattutto ce li restituisce.
All’ingresso risiede il nostro Maripara, un ermafrodito senza testa, con una storia affascinante alle spalle, di cui parlerò in modo approfondito in un prossimo articolo.
Una fotografia ingiallita lo ritrae in Piazza Donato Palmieri , io invece lo ricordo ai giardini pubblici, insidiato dall’acqua, dal vento e dagli uomini. Mi viene in mente quel giorno che lo vidi con i piedi che sembravano di carbone, bruciacchiati da qualcuno che si era divertito così.
L’ho trovato lì, bianco e bello, mi sono rincuorata, gli ho detto, sfiorandogli la mano che stringe una mela, “finalmente sei al sicuro”.
Forse è anche per questo che l’Inaugurazione di Palazzo Chigi a Formello ha lasciato intravedere un futuro diverso.
Tutto si riannoda a Formello
L’inaugurazione di Palazzo Chigi a Formello è stata preceduta da una Sfilata in costume -di personaggi dell’epoca- che poi hanno intrattenuto la folta schiera di cittadini con delle danze medievali, formando vari circoli, prima tondeggianti poi a forma di cuore, e hanno accompagnato tutta la durata dell’evento, dandogli un colore antico.
Affacciandosi sulla Piazza San Lorenzo, ma anche aggirandosi per le stanze, ho potuto godere di un bel tessuto umano, piacevolmente sorpreso, che chiacchierava intensamente del nostro passato ma anche del nostro futuro.
Il primo piano è un susseguirsi di stanze scrostate e artistiche, ci sono camini come case, e guardandosi intorno si immagina la vita al tempo dei Chigi, come dovevano essere state le loro giornate davanti al focolare domestico, quali importanti incontri vi si erano svolti e chissà quante voci quei muri avevano assorbito.
E poi si sale
Il punto di incontro di tutto il palazzo è la Torre Civica, una struttura esterna opera dell’architetto Andrea Bruno, che rintraccia lo spazio appartenuto a una lontanissima Torre degli Orsini, poi fatta scomparire dai Chigi, e lo rimodella con una struttura in ferro, atipica.
La Scalinata Interna della Torre è stata la vera sorpresa. Prima di salire, sul lato sinistro, ci siamo soffermati dinnanzi a un grande catino che raccoglie i sassolini o le pietre che i pellegrini raccolgono lungo la Via Francigena, un’opera simpatica che si ricollega alla decisione di dare a ogni scalino il nome di una città ubicata sulla via, da Canterbury fino a Formello.
Verso il Futuro del Palazzo-Polo
Intorno alla scala c’è aria di multimedialità. Una goccia d’acqua cade a intervalli e la si sente espandersi, come se si ci si trovasse in fondo a un pozzo, un grappolo di foglie di rame adorna la parte superiore della scala e un monitor ci racconta le ricchezze del territorio.
Tutta la scalinata ha una semi trasparenza che si avvolge elicoidalmente su sé stessa, con un riflesso azzurro sul bordo. Sull’ultimo gradino c’è scritto Formello e sulla porta, Roma.
Si apre e un rimando di vento ci assale. L’affaccio verso il panorama conduce fino a Monte Aguzzo e poi più in là, verso un orizzonte urbano.
Era la prima volta che salivo lassù, che potevo vedere Formello dall’alto.
Mi godo un po’ il poter dire “da Palazzo Chigi è tutto!” con tanti esclamativi che accompagnano il mio umore.
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Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.