Bosa mi è stata raccontata da Cristina, lei mi ha fatto toccare con le parole la semplicità di questo luogo, il suo posto del cuore, che spero di restituirvi integro
Perdi l’orologio
Bosa è una minuta località sarda che dà le spalle all’Italia e guarda alle Baleari: Il mare Tirreno davanti a sé e il fiume Temo che la divide a metà.
L’ho vissuta con i suoi ritmi, non c’è urgenza, non ci sono orologi che battono, tutto ciò che di solito ci pressa nella vita reale, a Bosa si disperde.
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La percezione di questa leggerezza si ha guardandosi attorno. Perfino una camminata di un’ora, per arrivare in spiaggia, diventa necessaria per adeguarsi alla lentezza dei passi, dei pensieri. Il luogo si fa interessante proprio lasciandosi dietro il ticchettare. C’è in effetti anche una dimensione a misura d’uomo, le persone sono rilassate, hanno piacere a comunicare. Proprio perché si allarga uno spazio dedicato agli incontri, c’è una specie di poesia semplice nel fare, nel dire, nel mangiare.
Tra acqua e torrette e montagne
Il borgo ha quelle caratteristiche preistoriche, conservate sotto gli strati della terra. Ma nel corso dei secoli è poi mutato in un centro accogliente, capace di ritrovarsi miscelato alle case colorate di Sa Costa -il quartiere medioevale-.
È una strana esperienza vivere in queste costruzioni a schiera, create come se fossero torrette, una la spalla dell’altra. Internamente, ci si ritrova a muoversi in mini stanze. Al piano terra un bagno con uno sgabuzzino; al primo piano una camera; al secondo una cucina e, in cima -su un soppalco- la camera da letto e la libreria. La vista da lì comprende il Fiume Temo, l’unico navigabile di tutta la Sardegna.
Le Case Rosse, ex -concerie di Bosa
Ci si può imbarcare e vedere Bosa dall’acqua, così come sedersi lungo la sua riva, cenare in un ristorantino, gustare dell’ottima Malvasia. Io ho mangiato al Verde Fiume, l’atmosfera era davvero suggestiva, un po’ retrò, quasi francese. Sulla superficie dell’acqua galleggiavano le famose Case Rosse, ben nitide dall’altra parte del Temo, quelle che un tempo erano adibite a Concerie.
Esteticamente appaiono nella caratteristica architettura industriale sarda, piuttosto moderne. Eppure la trachite, ovvero la roccia magmatica di cui sono fatte, e da cui deriva il colore, è una materia cara alla Sardegna. Dal boom degli anni sessanta ad oggi, purtroppo, le cose sono molto cambiate: con la chiusura delle cave, ha perso quell’identità che le era appartenuta.
All’interno, le Concerie sembravano silenziose eppure, nel periodo d’oro, circa il 1800, dovevano essere state sede di un gran fermento. Si può, facilmente, immaginare l’andirivieni delle pelli che venivano trasportate, dalle presse, fino alle vasche della tintura. E si può, altrettanto facilmente, attribuire al fiume non solo la loro ubicazione ma -anche- l’enorme successo.
Dopo quasi trent’anni dalla chiusura, nel 1989, le Conce sono state dichiarate Monumento Nazionale. E, se pure, l’attività era cessata, si lasciò dietro un lungo strascico di storia e storie che, oggi, sono rintracciabili nel Museo che ne porta il nome.
Bosa è un acquario pulito
Ho amato tanto quelle serate e quella costanza di genuinità. E’ un paesino con una luce particolare per cui tutto ha un sapore di locale, di tradizioni, di peculiarità. Anche la fedina sarda, un anello impreziosito di piccole perline, che è già un’emblema in Sardegna, a Bosa ha una sua unicità.
E ho stra-vissuto i tratti di mare. Non solo Bosa Marina, le cui spiagge pulite e la qualità superiore dell’acqua le sono valse le 5 Vele di Legambiente. Ma anche parti di costa più a nord, tipo Capo Marrargiu, che ha una sua conformazione vulcanica, e che regalano agli occhi una terra più scura e poi più rossa.
Laddove la lava aveva bramato io potevo godermi lo spettacolo.
Il mare straripava di vita marina: non solo un’abbondanza artistica di conchiglie e pietre luccicanti ma anche una vegetazione lussuriosa e tanti pesci che sembrava di stare in un acquario.
In viaggio qualcosa sfugge sempre
Tornerei magari per addentrarmi nelle calette nascoste, dove si arriva solo a piedi; o per visitare la Chiesetta di Nostra Signora de Sos Regnos Altos, che è sfuggita alla mia curiosità, e che invece nasconde un ciclo di affreschi trecenteschi, unici in Sardegna, direi imperdibili.
Di fatto ci si può anche perdere, come è successo a me mentre raggiungevo degli amici. L’entroterra sardo è un luogo praticamente deserto, un bellissimo nulla che un po’ agita, un po’ svela altri particolari del territorio. Di tanto in tanto dalle alture si scorgeva il mare, lontano. Nei tratti impervi, invece, una serie di stradine di campagna si inerpicavano, portandomi via dalla strada principale. Sempre che ce ne fosse una.
Alla fine riuscii a tornare a Bosa, con un minimo di giusta ansia. Sorprendendomi, comunque, di aver avuto un’esperienza piacevole, visti i paesaggi e la semplice bellezza dei posti attraversati.
Sono prima di tutto una viaggiatrice, annuso la vita e ne trattengo le radici. Quindi scrivo per piacere ma anche per lavoro. Scrivo perché senza non saprei starci. E poi fotografo perché la fotocamera è il mio psicologo personale. Cammino sempre con un animale di fianco, un gatto un cane un cinghiale un ippopotamo. Insomma converso. E poi scrivo di nuovo.